Ciao Arthur, innanzitutto grazie mille per averci concesso questa intervista. È un onore per noi. Potresti dirci brevemente chi sei e perché la storia del tuo meraviglioso bambino è in qualche modo collegata a Charlie Gard? Qual è stato il ruolo del Dr. Hirano e in che modo ha raggiunto il suo obiettivo?
Mi chiamo Art Estopinan, vivo a Washington DC e ho lavorato nel Congresso degli Stati Uniti come Capo di Stato Maggiore, Membro Senior del Congresso ed ex portavoce ufficiale del Presidente della Camera degli affari esteri qui a Washington negli ultimi 30 anni. Il 26 luglio 2012, quando mio figlio aveva circa diciotto mesi, gli fu diagnosticata una malattia da deplezione del DNA mitocondriale. La mutazione di mio figlio è la TK2 (una mutazione che colpisce principalmente i muscoli) e Charlie Gard aveva una mutazione leggermente diversa ma all’interno della stessa famiglia. Il dottore che ha fatto la diagnosi ci ha detto che mio figlio aveva solo due mesi di vita, che non c’era assolutamente nulla da fare e che dovevamo andare a casa e metterlo a suo agio prima di morire. Anche se ci hanno detto queste cose, non ci siamo mai arresi. Ho detto al dottore «grazie per la diagnosi ma posso garantirvi che non porteremo nostro figlio a casa a morire. Mia moglie Olga e io faremo qualsiasi cosa in nostro potere per cercare di salvare la vita di nostro figlio». E questo è quello che abbiamo fatto. Finché nostro figlio combatte, noi combatteremo con lui.
Ho chiamato dottori ed ospedali giorno e notte in tutti gli Stati Uniti e perfino la linea Internazionale, fino a quando, dopo un mese, sono riuscito a trovare il team di esperti che stava collaudando quello che veniva definito un “protocollo clinico” con i topi a New York presso il Centro Medico dell’Università della Colombia, dove il Dr. Michio Hirano è l’investigatore principale di queste malattie mitocondriali. Mi disse, all’inizio di settembre, di portare mio figlio e vedere se era un buon candidato per questo protocollo clinico. Il protocollo clinico è un programma che precede quello che è noto come il “trial clinico” e per una malattia come questa erano lieti di trovare un essere umano, perché i bambini, come mio figlio e Charlie, muoiono poco dopo la diagnosi di tale malattia a causa di insufficienza respiratoria – c’è un accumulo di liquidi nei polmoni e fondamentalmente muoiono affogati con i loro stessi fluidi.
C’erano molti problemi nel trasporto dal momento che ogni volta che mettevamo nostro figlio sull’aereo si sentiva male: aveva la polmonite e visto che non siamo medici non avevamo idea di cosa fare perché non è che quando diventi genitore hai un libretto di istruzioni che ti dica “questo è quello che devi fare quando il tuo bambino è malato“. Abbiamo fatto tutto il possibile per il nostro bambino in virtù del nostro amore di genitori. Mia moglie disse che dovevamo aspettare che mio figlio guarisse ma io dissi di no, dal momento che aveva iniziato a avere problemi a mangiare e a respirare. Da Washington DC a New York ci vuole un viaggio di quattro ore circa, perciò abbiamo viaggiato in macchina e guidato fino a New York. Il giorno dopo non riusciva a respirare e per questo motivo ci fermammo fuori New York, nel New Jersey, perché non volevamo rimanere nel traffico con nostro figlio in quelle condizioni. Quando diventi padre o madre sviluppi una sorta di sesto senso per il tuo bambino. Quindi sapevamo che nella zona di New York ci sarebbe stato molto traffico nel pomeriggio per cui abbiamo preventivato di fermarci una notte nel New Jersey e partire il giorno dopo, una volta smaltito il traffico.
Tuttavia Arturito non riuscì a dormire per mancanza di cibo e ossigeno. Così ho chiamato i dottori e ho detto «Scusate il disturbo, ma mio figlio è molto malato e sta peggiorando». Così lo portarono immediatamente al pronto soccorso. Se andate sul nostro sito web potete trovare molte informazioni sugli esami iniziali che ha fatto. Penso che tutto sia nelle mani di Dio perché è stato immediatamente accettato in ospedale, esaminato e sottoposto a terapia intensiva pediatrica. Sono passate notti intere in cui non sapevamo se ce l’avrebbe fatta. Quando parlo riemergono tutte le emozioni che abbiamo provato. Il nostro bambino, un piccolo bambino stava morendo sotto i nostri occhi! Ma Dio lo ha aiutato, ce l’ha fatta, e posso davvero capire che cosa hanno passato insieme Chris e Connie nel vedere il loro bambino spegnersi giorno dopo giorno.
leggi tutto su : universitariperlavita.org Pubblicato il 24 settembre 2018
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