(con una illustrazione interna di Erica Fabbroni)
La vecchia bacucca non era, poi, a un attento esame, tanto attempata o almeno non lo era quella lì. Era, invero, una donna che aveva superato la cinquantina, forse più vicina ai sessanta, ma se la cavava ancora bene, seppur i segni dei tempi non le lasciavano scampo. “Dietro liceo, davanti museo”, avrebbe sentenziato pure per lei un sagace detto popolare. Don Augusto, mentre la sentiva parlare, intuì subito un soprannome da affibbiarle più consono: da vecchia bacucca a fanatica. Sì, in ogni comunità parrocchiale che si rispetti c’è “la” fanatica: trattasi di donna un po’ stagionata con l’unico scopo di avere ragione su tutto, senza però far la fatica di mettere in moto il cervello e di dimostrare la solidità delle affermazioni!
Al pretone di città, non chiedetemi però il motivo dell’associazione di idee, venne in mente il Sudtirolo. In realtà, quella terra che lo ospita, dove le montagne e l’aria pura la fanno da padrona, accendeva un ricordo fisso e prepotente nella mente del nostro reverendo. Non poteva, ovviamente, che riguardare il cibo e si trattava precisamente dell’erba cipollina. Sì, perché in ogni pietanza, così almeno si ricordava del menù di quelle vacanze di tanti anni prima, c’era sempre quell’ingrediente, che alla fin fine gli era divenuto indigesto.
L’erba cipollina aveva probabilmente la funzione di guarnire, soprattutto le kartoffeln, mai assenti sulla tavola, ed essendo usata per ogni piatto pareva abbinarsi con tutto. Esattamente come i discorsi della fanatica: frasi ben costruite, d’effetto, condivisibili… Uno non poteva che essere d’accordo, ma poi, a riveder bene le cose, sorgeva sibillina una domanda, di quelle fastidiose perché vengono da dentro, dal profondo delle interiora: “E quindi?”.
“Bisogna essere più caritatevoli”. “Giustissimo! E quindi?”.
“Bisogna accogliere tutti”. “Giustissimo! E quindi?”.
“Bisogna essere misericordiosi”. “Giustissimo! E quindi?”.
“Bisogna guardare anzitutto alle persone”, “Giustissimo! E quindi?”.
“Bisogna sempre andare incontro all’altro”. “Giustissimo! E quindi?”.
“Bisogna fare come Gesù”. “Più che giustissimo! E quindi?”.
Quel “giustissimo! E quindi?” non voleva essere una sporca provocazione, ma era una forma di ammirazione con annessa domanda: come cioè si doveva fare per essere “più caritatevoli”, per “accogliere tutti”, per essere “misericordiosi”, per “guardare anzitutto alle persone”, per “andare incontro all’altro”, per “fare come Gesù”. Princìpi assolutamente condivisibili, ma nella vita concreta come metterli in pratica? Qui, ahinoi, ilpunctum dolens…
Se si risponde alla questione con articolato ragionamento o con una sentenza stringata, argomentando come uno debba essere “più caritatevole”, capace di “accogliere tutti”, essere “misericordioso” per saper “guardare anzitutto alle persone” così da “andare incontro all’altro” in modo da “fare come Gesù”, quella risposta risulterà una “dottrina”. E una dottrina – si legge in un qualsivoglia Dizionario – è un “insegnamento o apprendimento di nozioni relative al sapere in genere o a una determinata disciplina”. Il problema si fa poi ancor più serio quando c’è in ballo Dio: chi è colui che stabilisce l’insegnamento o il comportamento da mantenere? Dio o l’uomo? E se è l’uomo, quale soggetto si può proclamare il più illuminato degli altri e asserire, a nome di tutti, chi è il “più caritatevole” che sa “accogliere tutti” per essere “misericordiosi”, per “guardare anzitutto alle persone”, per “andare incontro all’altro” e per “fare come Gesù”?
La fanatica aveva ovviamente una via d’uscita e usava con maestria una parolina assai semplice: “libertà”. È la libertà di ognuno che permette di rispondere a tutte le suddette problematiche e altre di nuova fattura. Insomma, è il cammino personale di ciascuno e la sua coscienza che lo illumineranno sul da farsi, sul passo da compiersi. Don Augusto non poteva che rimanere ammirato dall’astuto stratagemma. Era relativismo puro, ma venduto come diritto di civiltà.
Per un mediocre filosofo e un modesto teologo tale cosa, però, non può evidentemente reggere. La libertà – risponderebbero più o meno – non è fare quello che si vuole, ma raggiungere la pienezza di essere. La coscienza non è seguire il proprio istinto o le proprie voglie, ma aderire, per l’uomo in quanto uomo, al senso comune (ossia quelle caratteristiche che fanno esattamente dell’uomo l’uomo) oppure, per il cristiano, al volere di Dio, bene sommo. Suddetto Dio che, guarda a caso, si è Rivelato: ha già detto qualcosa di Sé, ha lasciato un messaggio e ha anche ordinato ad alcuni di conservarlo, tramandarlo e confermarlo (contro tutte le fesserie che le persone avrebbero tirato fuori lungo la storia, i cosiddetti evangelicamente “falsi cristi”).
Qui, però, la fanatica è capace di un colpo gobbo, da vera maestra di dialettica. E la parola, dal sapore mistico, acquista un valore unico: “storia”. Sì, la storia: ogni uomo è figlio del suo tempo, anche se ha per certi aspetti intuizioni che lo proiettano nel futuro. Ecco, la dottrina coi suoi dogmi (nemici del pensiero che si ricostituisce in ogni epoca) è superata. Anzi, si precisa, per non entrare in contrasti epistemici (termine sconosciuto alla fanatica, ma che usa con disinvoltura), sono oltrepassati coloro che li hanno elaborati, perché figli del loro tempo ormai finito. La storia insegna che nulla è duraturo, ma che tutto deve essere reinterpretato al momento: “le idee – sintetizzava un arguto Cardinale –, come le uova, devono essere di giornata”.
Ma allora esiste qualcosa di eterno? Anziché dire un “no” secco, la fanatica espone il “superdogma” odierno, la quintessenza della verità, con un solo altro semplice termine: “dialogo”. Nel dialogo si arriva a sistemare bene ogni cosa e il dialogo si riduce all’erba cipollina che si abbina a ogni pietanza. Perlomeno in Sudtirol…
“Ma qui non siamo in Sudtirolo”, rifletteva tra sé e sé il buon pretone dalle mani di ghisa e il cuore grande, “Il dialogo è il mezzo ovvio per esprimere all’altro i concetti, un pensiero, che hanno sempre un contenuto, che diviene dottrina. Bisogna invece capire se quel contenuto, non solo in astratto, sia vero”.
Verità. Parola terrificante oggi per l’uomo senza certezze, che però si arrabbia se le previsioni del tempo non sono giuste e piove, boia-di-un-cane, quando dovrebbe esserci il sole e tu sei via per il “week-end”.
Verità. Parola impegnativa per chiunque, troppo tediosa e faticosa per perderci del tempo insieme.
Verità. Poco allegra compagnia per chi non vuole rispondere con profondità e umiltà alle questioni della vita.
O c’è una verità che la filosofia (ovvero il coretto ragionamento umano) può raggiungere oppure non esiste nessuna verità e allora tutto è lecito e ha lo stesso valore, solo si deve essere più convincenti nella propria opinabile opinione. Si può sostenere che la massa della Terra è circa di 5,98 x 1024 kg ovvero quasi 6000 trilioni di tonnellate e, nello stesso tempo, che gli asini volano. A questo punto la fanatica, che preferisce dar fiato alla bocca piuttosto che impegnarsi in altre attività, chiede aiuto allo scientismo, che sostiene: “è vero solo ciò che è verificabile”, così è per la massa della terra non per gli equini volanti. Sempre il filosofo dalle scarsi doti obietterebbe: “Eppure l’amore, l’amicizia, la simpatia, non sono verificabili, ma sono reali!”. La fanatica, che sa di tutto un po’, controbatterebbe con qualche lezione di chimica: “Tutto ciò che proviamo è il risultato diretto della manipolazione chimica attuta dai neurotrasmettitori”. Quindi l’uomo sarebbe ridotto, nella riduzione scientista, a un insieme di impulsi, neppure tra l’altro tutti conosciuti dalla scienza. Bella scoperta!
Ecco, infine, che il filosofo ha la sua carta vincente: la nozione di verità è ben altro e indica come nella persona deve essere iscritto qualcosa di comune, che lo faccia appunto definire parte della specie umana. L’intelligenza, l’intelligere, è intus legere, ossia “leggere dentro”, guardare dentro le cose, riconoscervi l’essere, che rimanda a un altro Essere di cui si partecipa. “La persona intelligente”, diceva uno scrittore, “è quella che sa guardare dentro le cose, dentro le persone, dentro i fatti”.
Per il teologo, le riflessioni sono assai agevolate. Se la ragione ha dei limiti nel riconoscere la verità delle cose, la Rivelazione è l’ausilio per arrivare a quelle verità senza iniziale sforzo. La fatica è successiva quando si deve dare ordine e gerarchia. Certo, per accettare una testimonianza è necessario aver fiducia, se no buona notte al secchio!
La fanatica allora si vince allora con la fede unita al rigore del ragionamento e alla consapevolezza che la verità della Rivelazione si difende da sé. Uno è chiamato a dare ragione della speranza, mostrando quanto è attestato, senza dover convincere, ma con quella sapienza che viene dall’alto, come la chiama la Scrittura, assai più persuasiva delle parole umane. Questo non vieta anzi potenzia l’uso corretto della propria ragione (dono, con la fede, del Creatore!). In definitiva, bisogna affidarsi a Dio, altrimenti la rivelazione (con la “r” minuscola) diventa quella di ciascuno e, così facendo, ha il medesimo valore di un’altra, che un chiunque qualsiasi può affermare.
“Non è dogmatismo”, ragionava tra sé e sé don Augusto, “ma cogliere quanto Dio comunica all’uomo e non quanto l’uomo vorrebbe sentirsi dire da Dio!”.
Il vantaggio che ottenne il nostro pretone fu quello di tenersi lontano dai piedi la fanatica e i suoi discorsi all’erba cipollina, avendola sbugiardata pubblicamente in più di un’occasione. La fanatica, infatti, si sconfigge sul suo stesso terreno: si deve cioè essere più bravi di lei quando si gioca con le parole. Tuttavia, c’è sempre un inconveniente, perché la fanatica di nome e di fatto sa portare un certo rancore. Quello covato nei confronti del nostro pretone alla lunga gli si rivelò nocivo. Comunque sia, un versetto del Vangelo, gustato assieme a un buon bicchiere di barbera, lo rincuorò e gli diede pace.
«Se rimanete fedeli alla mia parola», aveva detto Gesù, «sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Pubblicato il 11 luglio 2018
0 commenti :
Posta un commento