Un libro di Giacomo Poretti
di Samuele PinnaNon tanto tempo fa, ho avuto il piacere di incontrare personalmente Giacomo Poretti, famoso attore e regista che, insieme ad Aldo Baglio e a Giovanni Storti, ha creato il trio comico più famoso d’Italia. Nella nostra piacevole conversazione sono venuto a conoscenza del suo libro Al Paradiso meglio credere e, incuriosito – non solo dal titolo –, mi sono messo a leggerlo. Non solo Giacomo è un grande attore, ma anche uno scrittore eccellente (seppur con malcelata ironia sulla quarta di copertina si legge a firma di Aldo e Giovanni: «Miiii… Giacomino! Fai ridere pure come scrittore!»). Il libro è leggero e profondo insieme, surreale – perché intriso di realtà –, fa sorridere, pensare, interroga profondamente… un racconto apparentemente non comune, ma che mostra le piccole e grandi domande presenti nel cuore di ogni uomo.
Siamo, infatti, in un futuro non troppo lontano, nell’anno 2053, quando il protagonista, un certo Antonio Martignoni, è vittima di un incidente stradale dalla dinamica quantomeno bizzarra. Dopo il trapasso si ritrova in Paradiso accudito da una affascinante signora in blu. Viene, poi, subito esaminato da un burocrate celeste con le sembianze (o, forse, è proprio lui?!) di Jean-Paul Sartre.
Queste prime pagine sono sorrette da un fine umorismo alla Mark Twain, che avvincono a poco a poco il lettore nello stesso modo in cui il protagonista è costretto a familiarizzare con la sua nuova ed eterna condizione. Un cambio di scena avviene quando la Direzione celeste decide di affidargli un “compito importante”: raccontare, mediante un file Word, la storia della propria vita, che diventerà uno dei “messaggi nella bottiglia” lanciati dal Cielo agli uomini rimasti sulla Terra. Grazie al fortunoso ritrovamento del file, sepolto in un vecchio computer in una discarica, si scopre che Martignoni, all’età di 36 anni, pensava di farla finita. In preda alla disperazione, aveva intrapreso la sua ultima escursione nelle montagne tanto amate, quando un altro tragico e provvidenziale incidente gli apre una breccia verso il futuro, nella quale si lancia d’istinto: travolto dal desiderio di “spiare da vicino Dio”, in cui non sa se credere, decide di trascorrere la seconda parte della sua vita come finto sacerdote. Prima parroco di una sparuta comunità di montanari devoti e turisti ai piedi del Monte Rosa, poi pastore di 3500 anime in una Milano sospesa e angosciata per la misteriosa sparizione dei propri concittadini più anziani. Qui, “don” Antonio vive la sua missione tormentato dal senso di colpa, ma anche animato dalla ferma volontà di non tradire il suo fiducioso e inconsapevole gregge.
Una volta conclusa la lettura, si ha la netta sensazione che girino intorno alla propria testa domande, dubbi, incertezze e di contro posizioni ferme, riflessioni categoriche, sicurezze eterne… Il lettore è, pertanto, coinvolto in un viaggio interiore che non dimentica l’esteriorità, cioè i modi in cui vive, lasciandogli, forse, alla fin fine, un rassicurante pensiero: al Paradiso è meglio credere!
Pubblicato il 10 luglio 2018
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