27 luglio 2018

Don Bosco e il Papato

di Domenico Svampa
Il colloquio con un caro amico, liberale (potrebbe essere un progressista o un normalista, poco cambia) ma devoto di san Giovanni Bosco, e alcuni suoi pii riferimenti al rapporto tra il Santo piemontese e il Papato, presi come modello ideale per il nostro rapporto col Pontificato odierno, mi forniscono lo spunto per brevi considerazioni, che spero gioveranno ai lettori.
L’assunto che gli emuli liberali di san Giovanni Bosco trattengono, a quanto mi è dato di capire, è che il Santo ebbe una devozione e una sottomissione incondizionata al Sommo Pontefice. Dal che si dovrebbe concludere un uguale atteggiamento da parte nostra verso tutti i Pontefici, ma soprattutto verso l’attuale: Papa Francesco.

Subito si affaccia la domanda: che fondamento ha invocare la fedeltà pressoché cieca di certi santi preconciliari al Papato preconciliare per giustificare l’esigenza di una fedeltà altrettanto cieca al Pontificato attuale? E già solo l’uso differente dei termini – Papato e Pontificato – suggerisce la necessità di un approccio differente, di un discernimento che non cada nell’aneddotica; ma vediamo il dettaglio e cerchiamo di comprendere in cosa sia corretto e in cosa opinabile il parallelismo tra la posizione di san Giovanni Bosco e la nostra.

Di san Giovanni Bosco si citano con facilità aforismi filo-pontifici: essere attaccati al Papa “più che il polipo allo scoglio”, “sostenere l’autorità del Papa”, e si ricordano i sogni profetici, le imprese edili (Santuario del S. Cuore) e le attività diplomatiche a servizio di Roma; tutti elementi volti a sottolineare – dicevamo – un’assoluta sottomissione al Sommo Pontefice. In realtà vi sono più motivi per cui tale esempio può essere recuperato solo iuxta modum.
Anzitutto, nel Santo ritroviamo la stessa fedeltà e il medesimo attaccamento non solo al Papa, ma anche ad altri elementi della Tradizione, quali l’abito clericale e la Messa Tridentina. E’ quantomeno poco serio invocare l’imitazione pedissequa del Santo su un punto solo della sua vita, ignorando o addirittura denigrando gli altri – cosa che avviene diffusamente, soprattutto tra i liberali. Evidentemente la tesi in esame rischia di essere una strumentalizzazione del Santo.

San Giovanni Bosco aderisce al cattolicesimo intransigente e dunque la sua dedizione al Papato, all’epoca baluardo del cattolicesimo intransigente, implica una coerenza di vedute. Chiedere oggi un’adesione ‘intransigente’ ad un Pontificato più che liberale pare ancora una volta piuttosto un ricatto strumentale che una indicazione logica e coerente.

San Giovanni Bosco vive negli anni della proclamazione del dogma relativo all’infallibilità del Pontefice, ora conviene ricordare che il Santo sposava la tesi massimalista, secondo cui l’Infallibilità del Papa si estendeva ben oltre gli interventi ex cathedra. Già il Concilio Vaticano I, e ancor più il Concilio Vaticano II, smentiscono dogmaticamente e irreversibilmente l’interpretazione di san Giovanni Bosco, il che suggerisce che le parole del Santo in materia non possono essere impugnate alla lettera, ma chiedono una prudente rilettura. In tal sede dobbiamo dunque prendere atto dell’avvenuta correzione dell’Istituzione al Carisma – da essa non possiamo legittimamente prescindere. Ne esce ridimensionata l’esemplarità del Santo proprio in merito alla questione dibattuta.

San Giovanni Bosco è autore di una Storia Ecclesiastica (1845; 18714) che peraltro, letta oggi, farebbe arrossire i liberali e i progressisti. Si tratta di un semplice opuscolo apologetico ascrivibile all’area culturale della cosiddetta ‘Leggenda Bianca’: in essa la Chiesa è presentata, evidentemente secondo un’ottica teologica piuttosto che storica, come soggetto sempre positivo, di cui si illustrano le glorie e mai gli errori. Da tale scritto del resto emergono meglio gli ideali non confessati del Santo proprio intorno al suo concetto di Chiesa: vi si trova la presentazione sintetica e divulgativa dei Pontefici Santi; di pontefici corrotti non si fa menzione, o li si cita corsivamente in relazione ad eventi oggettivi incensurabili, ma sempre omettendone qualsivoglia giudizio. Inoltre è interessante la minuzia con cui nella Storia Ecclesiastica san Giovanni Bosco riporta il contenuto in sintesi di pressoché tutti i Concili Ecumenici della Chiesa.

Questo ci rivolge due moniti. Anzitutto, il Santo è consapevole della possibilità che ci siano Pontefici non positivi, per quanto incapaci di ostacolare il disegno della Provvidenza, ed evidentemente non chiede e non spende elogi per tali personaggi, preferendo in questo caso tacerne e spostare la propria attenzione allo stato della Chiesa nel suo complesso anziché guardare al solo Rappresentante terreno. Secondariamente, una comprensione profonda e autentica della Chiesa chiede l’assunzione di ogni singolo Concilio ecumenico della medesima.
Ne prendano nota i teorici contemporanei, i quali sovente pretendono l’ automatica esaltazione di Papa Francesco per il solo fatto che è Papa e paiono ignorare (quantomeno nel senso di snobbare) qualsiasi Concilio eccetto il Vaticano II.

Alla luce di simili considerazioni credo che da San Giovanni Bosco possiamo trarre la seguente linea, nulla di più e nulla di meno: i cattolici devono amare la Chiesa ed onorarla; ciò avviene: riconoscendo il disegno della Provvidenza che si svolge benevolo nei secoli, onorando i santi Pontefici, studiando e assimilando il contenuto di tutti i Concili ecumenici, ossequiando il Magistero ordinario (il Santo sarebbe andato oltre, ma i pronunciamenti degli ultimi due Concili ce lo impediscono), evitando qualsivoglia pubblica critica ai superiori (ci sono episodi biografici di san Giovanni Bosco che applicano in maniera eroica tale istanza, fino al punto di scusarsi davanti ad ingiuste accuse dei Pastori). Quest’ultimo punto ovviamente non esclude la possibilità che i superiori errino, né la possibilità di un confronto e di una critica nelle debite sedi, particolarmente in conformità alle norme del Diritto Canonico.

Spero così di aver chiarito in che modo il carisma di san Giovanni Bosco ci istruisce: non certo nel senso di una sottomissione cieca al Pontefice, piuttosto nella forma di un affetto filiale alla Chiesa che, nei momenti critici, si traduce nel criterio di Sem e Iafet: coprire al pubblico le malefatte dei genitori. Quindi non posso ragionevolmente accettare che in nome di san Giovanni Bosco mi si voglia convincere che il Papa va bene per il fatto stesso di essere Papa, potrei invece accettare che mi sia suggerita la linea di chi amorevolmente copre e tace la fatica dell’ora presente in obbedienza al disegno della Divina Provvidenza, pur essendo ben consapevole dell’anomalia che stiamo attraversando.

Beninteso, restano valide anche le linee tracciate da altri più combattivi santi, quali santa Caterina da Siena (per ministero profetico) o San Paolo di Tarso (per ministero apostolico).
Ciò posto e considerato, mi congedo con le parole che il Santo ha posto al termine della sua Storia Ecclesiastica:
Che debbasi imparare dalla Storia ecclesiastica. - Dalla Storia ecclesiastica noi dobbiamo ricavare alcune verità, le quali ci servano di lume e conforto in questo nostro esigilo. E queste sono:

1° Che la Chiesa è manifestamente la figlia di Dio Padre, la sposa di Gesù Cristo e il tempio vivo dello Spirito Santo; perciocché soltanto coll'aiuto divino essa ha potuto sostenersi, propagarsi e crescere in mezzo a tanti e si fieri contrasti, che per lo spazio di circa diciannove secoli le vennero mossi continuamente da ogni parte.

2° Che non dobbiamo per nulla maravigliarci delle guerre fatte o che si faranno alla santa Chiesa, mentre vediamo che contro di essa la guerra incominciò dal primo giorno della sua esistenza.
La causa di questa guerra è una sola, cioè l'odio che gli spiriti delle tenebre portano a Gesù Cristo, il quale odio essi hanno trovato e trovano sempre il modo di trasfondere in un grande numero di uomini, i quali facendosi ministri a questi spiriti infernali, mossi da loro perseguitano la Chiesa unicamente perché sposa di Gesù Cristo.

3° Che una delle prove chiare della divinità della Chiesa cattolica è il non esservi mai stato alcuno il quale, desiderando di amare Iddio e di applicarsi con tutto lo zelo all'esercizio della virtù, per ottenere questo fine abbia pensato di dovere abbandonare la fede cattolica per rendersi protestante o giudeo o turco, o incredulo. Per contro molti dei più dotti e virtuosi fra i turchi, eretici e protestanti abbracciarono la fede cattolica per divenire più virtuosi e salvarsi eternamente.

4° Che un'altra prova della divinità della Chiesa cattolica sta in ciò, che in punto di morte molti infedeli ed eretici e increduli domandarono di entrare in seno alla Chiesa per assicurare la loro eterna salute: mentre in quel punto fatale nessun cattolico mai domandò di farsi eretico o turco o incredulo per salvarsi eternamente.

5° Che la Chiesa cattolica è fondata sull'autorità del sommo Pontefice, e si conserva e si propaga solo in virtù della fede e riverenza che si porta a questa autorità: e che perciò è cosa della massima importanza il propagare ed accrescere la fede e riverenza verso l'autorità del papa.

6° Che tutti i scismatici, eretici e protestanti, esaminando la storia, trovano il giorno in cui incominciò il loro errore e incominciò la serie dei loro maestri, tra il quale giorno e il tempo, in cui fu Gesù Cristo, passa una certa distanza più o meno grande, per modo che i loro primi maestri non possono in nessun modo dirsi di avere ricevuto da Gesù Cristo medesimo la loro dottrina, né di essere immediatamente succeduti agli apostoli. Per lo contrario la storia dimostra chiaro, che il sommo pontefice Pio IX, capo della Chiesa cattolica, è per una catena non interrotta di papi il successore di s. Pietro costituito da Gesù Cristo medesimo: e che perciò la sola Chiesa cattolica è la Chiesa di Gesù Cristo, mentre le altre, benché si usurpino ingiustamente il nome di chiese cristiane, tuttavia non sono chiese di Gesù Cristo, ma chiese di quell'eresiarca o capo setta, da cui ciascuna di esse ebbe origine.

7° Finalmente comunque vediamo la Chiesa perseguitata, nulladimeno dobbiamo rimanere fermi nella fede, tenendo per certo, che la guerra finirà col trionfo della Chiesa e del suo supremo Pastore. È pertanto nostro dovere di conservare ed accrescere in noi la fede, la speranza e la carità per meritarci di aver parte alla gloria, che Dio tiene preparata ai veri cattolici in Paradiso, dove saremo felici per tutta l'eternità.


 

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