28 giugno 2018

Faa' di Bruno. Scienza, carità e impegno sociale

di Franco Ressa
I Faà di Bruno (Faà vuol dire "fatato" e Bruno è un paese del Monferrato in prov. di Asti) antichi feudatari, non sempre furono buoni e pacifici. Nel '600, l'epoca dei Promessi Sposi, uno di loro, l'abate Ortensio, parroco della chiesa di Carentino (prov.di Alessandria), fu un Don Abbondio alla rovescia. Stufo dei furti e delle angherie dei bravacci al soldo del marchese Moscheni, signore del vicino paese di Bergamasco, organizzò i propri parrocchiani armati e una notte fece incursione nel castello del rivale, massacrandogli la servitù ed una figlia.

Nell'800 invece, i Faà di Bruno si illustrarono positivamente: Emilio Faà di Bruno (1820-1866) esperto marinaio, affondò affrontando con la sua nave la flotta austriaca davanti all'isola di Lissa nell'Adriatico.
Il fratello maggiore Giuseppe (1815-1889) fu un anticonformista missionario. Invece di recarsi tra i popoli sottosviluppati, andò a propagandare il cattolicesimo nella nazione allora più ricca e progredita al mondo, L'Inghilterra, osando sfidare la potentissima regina Vittoria nella sua carica di "papa" della religione protestante anglicana.
I terzo dei fratelli, Francesco (1825-1888) entra all'accademia militare. È tenente nel 1846 uscendo tra i primi del suo corso. Partecipa alla guerra risorgimentale del 1848-49 come ufficiale dello stato maggiore, a diretto contatto col re Carlo Alberto ed i suoi generali. Sul campo può notare l'impreparazione e l'improvvisazione con le quali vengono condotte le campagne militari, che difatti finiranno in sconfitta.

Il nuovo re Vittorio Emanuele II nomina Francesco precettore dei principi propri figli, e lo invia a Parigi per un corso di specializzazione. Qui il Faà ha occasione di incontrare eminenti personalità delle scienze, come il fisico J.B.L. Foucault (1819-1868), dal quale acquista alcuni strumenti scientifici tra i quali un telescopio; l'astronomo U.J.J. Leverrier (1811-1877), scopritore del pianeta Nettuno, ed Antoine Frederic Ozanam (1813-1853), fondatore nel 1833 della "Conferenza di San Vincenzo" con scopi di assistenza umanitaria, e storico cristiano. Nel 1851 è a Londra dove visita la prima esposizione universale di prodotti e tecnologie, e ne rimane entusiasta. Al suo ritorno a Torino però, Francesco non avrà il posto promesso, a corte lo considerano troppo incline al clero e perciò inadatto ad insegnare ai giovani Savoia. Altri attacchi ed offese che riceve per questo stesso motivo dai suoi colleghi ufficiali, lo inducono infine a rinunciare alla carriera militare. È un vantaggio, perché ora il Faà ritorna a Parigi e con suo comodo vi si ferma tre anni, laureandosi alla Sorbona in scienze matematiche ed astronomia. Al ritorno potrebbe a buon diritto avere una cattedra in Università, ma anche qui la sua qualifica di cattolico militante gli è d'impedimento e vi insegnerà come professore esterno. Per la sorella Maria Luisa, diventata cieca a causa di malattia, Francesco inventerà una tavoletta ad aste movibili, che diventa la migliore invenzione per permettere la scrittura ai non vedenti, prima dell'impiego dell'alfabeto Braille. Dilettandosi di musica, saprà comporre inni e canti sacri, ma anche orecchiabili polche, valzer e mazurche.

Ormai stabile in Torino, Faà di Bruno interviene nella vita della città, che si avvia a diventare la prima capitale d'Italia ed il centro industriale della nuova nazione. Lo sviluppo attrae sempre più le masse di braccianti e contadini del Piemonte in cerca di lavoro. Dal 1830 al 1860 la popolazione torinese raddoppia e come sempre, l'immigrazione crea problemi difficilmente risolvibili.

Francesco inizia ad occuparsi delle ragazze campagnole che prendono servizio come domestiche presso le famiglie nobili e borghesi (sono 7.000 su una popolazione cittadina di 200.000). Sovente sono costrette a diventare le amanti dei loro padroni, possono restare incinte, e in tal caso vengono scacciate senza neppure una liquidazione. Francesco le invoglia a riunirsi la domenica nelle chiese di San Massimo e Santa Cristina. Come maestro di musica organizza una corale, ma poi dal 1859 apre un vero e proprio centro di accoglienza, organizzato nell'"Opera Santa Zita". Faà ha comprato una casetta rustica con orto ed uso di "bialera", il canale che scorre nel borgo San Donato. In quei tempi questo quartiere si trova all' estrema periferia, è composto da modeste casette abitate da operai e ambulanti, e non è considerato un luogo sicuro, specie perché non è illuminato di notte. L' Opera Santa Zita potrà autofinanziarsi, infatti le donne che vi soggiornano lavorano in una lavanderia organizzata, con strizzapanni e stenditoi innovativi, inventati di sana pianta da Francesco. Il giro di lavoro diventa esteso a tutta la città, agli uffici comunali, alle caserme ed anche alle ferrovie.
A lato della casa delle domestiche, sorge nel 1862 una scuola che oggi è il Liceo Faà di Bruno. La mensa dell'istituto, negli anni di carestia farà parte di una catena sponsorizzata dal comune di Torino, che preparerà pasti caldi, offerti ai poveri per una cifra minima simbolica. Il consiglio e l'iniziativa di Faà, induce lo stesso comune ad aprire i primi bagni e lavatoi pubblici. Francesco li aveva visti e studiati nelle città del nord Europa. Per la vecchiaia delle lavoratrici esiste anche un pensionato, tuttora aperto, munito di infermeria e convalescenziario.

Nel 1868 in appoggio ad una iniziativa di Don Bonini, viene aperta una scuola magistrale femminile, e in quegli anni le maestre sono ancora pochissime.
Ecco infine il completamento della piccola città caritativa di Via San Donato. Negli anni 1863-76 viene fabbricata la chiesa di Santa Maria del Suffragio. Gran parte delle strutture e delle decorazioni sono disegnate da Francesco. Suo in particolare è il progetto del campanile, alto 75 metri, che diventa la seconda costruzione più alta di Torino dopo la Mole Antonelliana, eretta giusto in quegli anni. Questa volta Faà di Bruno impiega le proprie capacità scientifiche e tecniche per concretare una beffa ed un ammonimento. Nel 1850 il ministro Siccardi aveva decretato l'abolizione del tribunale ecclesiastico in Piemonte, una misura già adottata in altre nazioni ed in linea con la progressiva rinuncia della Chiesa al potere temporale. A Torino però si era voluto enfatizzare la cosa, trasformandola in un trionfo degli anticlericali. Questi avevano raccolto i fondi per erigere un monumento laicista, l'obelisco di Piazza Savoia.

La provocazione era palese, trovandosi il monolito a duecento metri dalla Consolata, il più famoso santuario di Torino, e dirimpetto al palazzo di Giulia di Barolo (1785-1864), la celebre benefattrice cattolica ed amica di Silvio Pellico. Ma un bel giorno i magistrati che escono dai tribunali in Via Corte d'Appello, specie quelli massoni che più avevano voluto la legge Siccardi e relativo monumento, vedono spuntare dietro al loro obelisco la snella figuretta del campanile della chiesa del Suffragio, con in cima la statua dell'angelo che suona la tromba del Giudizio. Un monito diretto al sentimento di onnipotenza di coloro i quali credono di disporre della libertà e della vita dei propri simili.
A riprova della bontà della costruzione, il magrissimo campanile, retto da trentadue colonne di ghisa, resiste a tempeste e fortunali da 140 anni, mentre la panciuta Mole Antonelliana venne "stappata" della sua guglia dopo 75 anni.

Lo stesso anno della consacrazione della "sua" chiesa, Faà potrà dirvi messa, perché è stato esaudito dal Papa Pio IX il desiderio di Francesco di venire ordinato sacerdote. Nel 1881 viene approvata la regola di un nuovo ordine religioso, le suore Minime, che hanno come casa madre le fondazioni di Faà. Oggi quest'ordine è diffuso in istituti e case di tutta Italia, in Argentina e in Colombia; suo compito come dall'inizio, l'educazione dei giovani e l'assistenza ai poveri, che oggi sono anche extracomunitari, tossicodipendenti, portatori di handicap. L'attivissimo nobiluomo muore nella casa dell'Opera di Santa Zita il 27 Marzo 1888. Dal 1988, l’anno della sua beatificazione, è sepolto in una cappella laterale della chiesa del Suffragio, sotto l'espressivo quadro fatto per l’occasione dal pittore Mario Caffaro Rore.

Di Francesco Faà di Bruno possiamo notare dal punto di vista religioso l'adesione ad una chiesa cattolica di vecchio stampo, ancora legata alle pastoie del governo dello Stato Pontificio, ed a liturgie e devozioni cinquecentesche, rigidamente codificate dal concilio di Trento. Saranno però il lavoro ed i risultati dello stesso Faà e di Don Bosco, che daranno impulso ad un rinnovamento del Cattolicesimo verso il sociale. Arriverà l'enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII e inizierà il movimento del "Modernismo", dapprima condannato e combattuto, ma che verrà riassorbito dal concilio ecumenico Vaticano II.

Si nota dall'altra parte come i progressi delle scienze e delle tecniche nel corso dell'800 non riuscissero sempre a migliorare la qualità di vita degli esseri umani, infatti le tecnologie vennero applicate alla costruzione di armi sempre più perfezionate. Lo sviluppo delle ferrovie,  della navigazione a vapore, del riscaldamento ed illuminazione col gas, non era disgiunto dalle disumane e mal pagate fatiche con le quali le materie prime, in particolare l' acciaio e il carbone, venivano cavate in miniera e lavorate in fabbrica dai minatori ed operai. Poveri e quasi schiavizzati, i lavoratori vivevano in condizioni di abbandono e degrado nei tuguri degli "slums" inglesi, delle "barriere" torinesi e delle periferie di ciascuna città.
Ottimamente quindi si colloca il pensiero e l'azione di Francesco Faà di Bruno, scienziato che si chiede innanzitutto quale impatto possono avere le nuove scoperte sul suo prossimo, e senza alcuna brama di guadagno o di sviluppo ad ogni costo, organizza un progresso vero perché aperto a tutti.


 

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