di Luigi Corsello
La lettura in giro per la rete dell'ennesimo commento umano,
troppo umano, sull'abdicazione del Pontefice da parte di chi si ritiene
più fedele alla Chiesa della Chiesa stessa e al
contempo una lettura antipatizzante del papato benedettino - ma che coglieva nel
segno sul carattere profondo del cristiano, del teologo, dell'intellettuale e
perciò, in ultima istanza, dell'uomo Joseph Ratzinger - fatta da padre Salmann[1] mii hanno indotto una riflessione che ha sfatato dentro di me un mito
profondamente radicato: la non misticità di Papa Benedetto.
Noi Occidentali, noi uomini moderni, siamo troppo abituati a ragionare su tutto, incluso Dio, solo con categorie affermative, con categorie di potere, con categorie della presenza attiva e militante. Papa Ratzinger, con questo suo ultimo atto sovrano, con questa sua decisione di nascondersi al mondo e ritirarsi nella preghiera, ci ricorda che Dio è anche sottrazione, è anche rinuncia, è anche nascondimento, è anche ineffabilità.
Siamo stati abituati tutti, fedeli e nemici, a pensare Benedetto XVI come il
Papa del Sant'Uffizio, il cane da guardia dell'ortodossia, il teologo
agostiniano, fermamente razionale, in “contrapposizione simbiotica” con la
figura di quell'altro grande Papa che è stato il suo predecessore, Giovanni
Paolo II, che fino all'ultimo ha portato la Croce apertamente, davanti a tutti,
alla luce, testimoniando la sofferenza come esempio, come una guida fa e può
fare.
Egli è sicuramente tutto questo, lo è stato, ma oggi ci dà
una nuova grande lezione, e ci riporta alle nostre radici.
Come agostiniano Ratzinger è sicuramente l'uomo razionale
che è stato dipinto fino ad oggi, ma è anche profondamente legato a san Paolo,
alla Scrittura tutta e ai Padri e, come ci ricordava padre Salmann, è
profondamente legato anche all'altro grande polmone da cui ha tratto fiato la
riflessione cristiana, Platone e il platonismo.
La scelta ratzingeriana ci riporta perciò anche all'altro
aspetto, troppo spesso dimenticato, di quello che ha rappresentato il
platonismo nella storia cristiana: non solo le categorie filosofiche
affermative che hanno consentito di formulare in maniera razionale e compiuta i
grandi misteri di Dio (penso ovviamente ai primi Concili ecumenici e alle
discussioni che li hanno caratterizzati prima, durante e dopo, su Dio, su
Cristo e sullo Spirito Santo), ma anche quello della teologia negativa, il cui
culmine sono ritenuti gli scritti di quello che noi oggi conosciamo come pseudo
Dionigi Aeropagita ma che per secoli è stato ritenuto, appunto, il discepolo
che san Paolo aveva convertito all'Aeropago[2]. Oggi conosciamo quei testi come scritti in cui è quantomeno forte l'influsso
della scuola plotiniana, ma per lungo tempo, non con tutti i torti, sono stato
ritenuti testi pienamente cristiani che hanno stimolato la riflessione su Dio,
su cosa si può affermare di Dio, ma soprattutto su cosa non si può affermare,
testi quasi sicuramente da Benedetto XVI conosciuti e meditati.
Il Papa con questa sua scelta scandalosa ci dimostra perciò
una volta di più che, come Dionigi affermava quanto non si potesse dire di Dio,
così anche i suoi servi, e in particolare il Servo dei Servi, hanno più strade
per servire il Signore: una vita pubblica, di testimonianza nel mondo, ma anche
di lotta aperta e franca, ma anche un'altra strada, ugualmente necessaria e
forse pure più importante, oggi troppo spesso dimenticata e bistrattata anche
dagli stessi cristiani, contro cui, non a caso, si scagliò subito la
Rivoluzione Francese, una vita nascosta, la cui cifra è l'assenza, la
sottrazione dal mondo, il silenzio, il nascondimento, il buio apparente,
nell'unione con Colui di cui che è “al di sopra di ogni affermazione”,
“staccato da tutto e al di sopra di tutto”[3],
la vita di preghiera.
Benedetto non è perciò sceso dalla Croce, come qualcuno
avrebbe affermato, ma ha caricato su di sé un aspetto diverso di quella Croce
che sia lui che il suo predecessore hanno abbracciato con pieno amore.
Non possiamo perciò fare altro che ancora una volta imparare
dalla sua ultima lezione e dire grazie e, ovviamente, viva il Papa!!!
[1] http://www.ilfoglio.it/soloqui/16987
[2] Atti 17, 22-34
[3] Cfr (Pseudo) Dionigi Aeropagita, La
Teologia Mistica, V
Con tutto il rispetto, le differenze tra i due papi GPII e BXVI sono state soltanto l'aspetto "mediatico" del papato, ovvero GPII è stato il papa delle masse, dello sfruttamento di ogni singola occasione mediatica per apparire e trasmettere il messaggio papale, e questo si è visto anche e soprattutto nella sua agonia trasmessa minuto per minuto al mondo intero... BXVI è stato invece un papa assolutamente non mediatico, e anche la sua rinuncia è stata tale... dal punto di vista dottrinale e della posizione nei confronti del mondo, della modernità e della teologia, tra i due non vi è stata NESSUNA DIFFERENZA, tutti e due sono stati papi reazionari che hanno riportato indietro il timone della storia, hanno sconfessato il concilio vaticano II e hanno fatto DI TUTTO ma proprio DI TUTTO per mettere i bastoni tra le ruote a tutti coloro che, laici, clerici, teologi, porporati o semplici credenti, cercano giorno per giorno di rinnovare la Chiesa...le "dimissioni" non sono una "lezione da imparare", ma una scelta obbligata vista l'incapacità di governo dimostrata... del resto un papa studioso, teologo e filosofo, mal c'azzecca con gli intrighi della Curia romana...ne vedremo proprio delle belle, e io non me ne voglio perdere nemmeno una!!!
RispondiEliminaAh, la storia. Le magnifiche sorti e progressive. Il concilioecumenicovaticanoII. Altri argomenti no? Cominciate ad essere noiosi, voi progressisti a tutti i costi.
EliminaInteressante chiave di lettura.
RispondiEliminaNon parlerei solo di platonismo, si sente forte in Ratzinger l'unione della tradizione filosofica occidentale con la teologia cristiana, cosa che lo inserisce perfettamente nel solco della cultura cattolica (Agostino, Tommaso, Bonaventura, ecc. ecc.) che è razionale e ragionevole. Come è giusto che sia!
Per Bascialli: Non hanno sconfessato un tubo! E l'ermeneutica della continuità??
Matteo D
Sì, in Ratzinger c'è tutto questo che dici tu. È perfettamente addentro a tutta la tradizione soprattutto quella occidentale, come del resto nel corso degli anni è stato spesso sottolineato da tutti, e ne padroneggia gli autori come se fossero dei vecchi amici.
EliminaLa mia intenzione era però far vedere quell'altro aspetto, quello greco, che spesso invece viene sottovalutato, in Ratzinger e nel discorso sulla Chiesa in generale e soprattutto di chiarire una volta di più che non ha abbandonato la barca, anzi, che forse è passato a un compito più difficile
Nel pensiero e nell'opera di Joseph Ratzinger c'è anche un forte elemento "orientale" e in special modo russo: basta sapere quanto hanno influito su di lui autori come Dostoevskij e Soloviev e quanta importanza, nel pontificato di Benedetto XVI, abbia assunto l'avvicinamento all'Ortodossia.
EliminaSono d'accordo.
RispondiEliminaMD