di Giulia Tanel
Ricordo ancora quel pomeriggio
d’aprile di quasi otto anni fa. Ero in seconda superiore, avevo una fede poco
consapevole, frequentavo la Santa Messa domenicale più per abitudine che per
vera convinzione. Eppure l’attesa della fumata bianca in me era tanta, tanto da
farmi tenere – contrariamente alle mie abitudini – la televisione accesa. E
poi, sentire per la prima volta pronunciare «Habemus papam!» e assistere alla benedizione Urbi et Orbi: era stata un’emozione grande.
Con il passare degli anni, la mia
fede è maturata e quel Pontefice tedesco – criticato da molti in quanto “poco
mediatico” e troppo “rigido” – è diventato il “mio” Papa. In questo periodo sono
passata dallo scialbo ecumenismo stile Taizé, alla calorosa universalità delle
preghiere in latino; dall’Alleluia delle
lampadine strimpellato con la chitarra, al Sanctus accompagnato dall’organo… «Introibo ad altare Dei: ad Deum qui laetificat juventutem meam»: Cristo è piano, piano diventato una
Presenza quotidiana.
Naturalmente, questa mia
progressiva maturazione nella fede è stata una Grazia, ma è stata resa altresì
possibile dal fatto che ho incontrato sulla mia strada molti maestri, tra i
quali un posto particolare sicuramente spetta a Benedetto XVI: un Pontefice
lungimirante, con lo sguardo sempre rivolto al Mistero.
In questi anni di pontificato, il
Santo Padre ha donato al mondo tre encicliche: la Deus Caritas Est, la Spe
Salvi e la Caritas in Veritate;
ha scritto cinque libri, tutti teologicamente sopraffini; ha compiuto 24 viaggi
Apostolici internazionali, toccando tutti e cinque i continenti; ha proclamato
dapprima l’Anno Paolino, poi l’Anno Sacerdotale, ed infine l’Anno della Fede;
ha convocato diversi sinodi, dei quali l’ultimo si è svolto ad ottobre ed era
incentrato sulla Nuova Evangelizzazione; ha firmato il Motu Proprio Summorum Pontificum… e molto altro. Ma
quello che forse più ha inciso dell’operato del Santo Padre è stato il suo
costante richiamo a rimanere desti di fronte alla realtà, a non farsi
sopraffare dal relativismo oggi imperante, a non dimenticare che Fede e Ragione
non sono due cose distinte: Dio è Logos,
e dimenticare questo porta a derive delle quali abbiamo tutti sotto gli occhi
le tristi conseguenze.
Un pontificato limpido, dunque,
quello di Benedetto XVI, che ha saputo declinare concetti teologici molto
profondi con parole comprensibili a tutti.
Tuttavia, in questi quasi otto
anni al servizio della barca di Pietro, al Santo Padre non sono state
risparmiate le difficoltà: dallo scandalo della pedofilia, a Vatileaks, passando per la diatriba
circa l’uso del preservativo per prevenire l’AIDS e per le accuse di omofobia. In
definitiva, però, la cosa che forse ha fatto soffrire di più Benedetto XVI è
stato il constatare la divisione presente all’interno della Chiesa stessa: spiace
dirlo, ma sono stati molti i Vescovi e i preti che hanno preso le distanze dal
Magistero petrino e che non hanno saputo onorare il proprio ruolo di guida.
Per motivi di salute, ma anche
per la consapevolezza circa il delicatissimo momento che Santa Madre Chiesa sta
vivendo, così come la società nel suo complesso, «dopo aver ripetutamente
esaminato la coscienza davanti a Dio», il Santo Padre ha dunque deciso di
rimettere il suo mandato e di lasciare ad un’altra persona il compito di
guidare il popolo dei fedeli attraverso le acque agitate del presente.
Confesso che quando ho appreso la
notizia sono rimasta molto sorpresa. Mi sono sentita orfana; ho avuto paura, e in
parte la ho ancora. Che futuro attende la Chiesa? Tuttavia abbandonarsi allo
sconforto, o affidarsi a teorie complottiste, oppure all’ipotesi di
un’imminente Apocalisse lascia il tempo che trova. E questo non perché manchino
le “coincidenze” con alcune profezie (e anche con il terzo segreto di Fatima),
ma perché ritengo che la cosa più giusta da fare in questo momento sia quella
di sguainare la potente arma del Santo Rosario («Occorre dare battaglia,
affinché Dio conceda la vittoria!», sosteneva santa Giovanna D’Arco) e a non
perdere la Speranza, certi del fatto che «Christus
vincit, Christus regnat, Christus imperat»!
Pubblicato il 28 febbraio 2013
perchè mescolare il tuo sincero ringraziamento verso il papa con inopportuni paragoni tra le diverse realtà e i vari movimenti all'interno della Chiesa? Non capisco questa tendenza a sottolineare le differenze e a cercare a tutti costi confronti anche laddove non sono necessari.
RispondiEliminaPosso capire che nella tua storia la tua fede sia maturata grazie al cambiamento, ma perchè definire scialbe esperienze diverse da quelle che hai reputato meglio adattarsi a te?
Perchè a Taizè cosa può maturare di cattolico? E perchè contentarsi, al limite, del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno quando lo si può avere pieno nella Chiesa cattolica?
RispondiEliminaPiero Mainardi
@liboiz: Il sottolineare le differenze presenti nella Chiesa è semplicemente un constatare la realtà, così come ha fatto il papa emerito parlando con i sacerdoti romani il 14 febbraio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda Taizé... beh, è nata come comunità protestante, poi si è aperta anche ai cattolici (adulti). Ma se il protestantesimo è uno scisma, com'è possibile tutto ciò? Semplice: tira un po' qui, molla un po' lì. La fede autentica, invece, impone un chiaro "sì, sì; no, no".
@ Piero: Concordo! Grazie! =)
Quei signori che si lamentano per la chiarezza espressiva dei giovani di questa nuova generazione "benedettiana" nel rifiutare gli scarti ultimi del vecchio giovanilismo ecclesiastico, sono gli stessi che, utilizzando molte più parole (va bene, ma non è adatto alla realtà parrocchiale, e poi io capisco un luogo come un'abbazia romanica, dove c'è l'atmosfera e la gente è selezionata, ma in una parrocchia occorre rivolgersi a tutti, non solo a chi ha studiato, e poi i giovani [sessantenne che si rivolgeva ad un allora quindicenne] hanno bisogno di un linguaggio più simile al loro, e voi siete così esclusivisti, rifiutate le altre forme legittime di espressione, dovreste aprirvi di più, e ci sarebbe posto anche per voi e bla bla bla; per dire: non ti azzardare mai più a cantare del gregoriano alla Messa o stacco le canne dell'organo e ci faccio marmitte da motorino), hanno per decenni escluso sistematicamente e ferocemente ogni cosa che odorasse di antico, venerabile, tradizionale, dalle nostre chiese e dalle nostre anime.
RispondiEliminaPentagrammuli