“Ma Tripoli cos’è/ è il primo nome che/mi viene in mente te/ lo immagino lontano/ dove non so/ in cerca di battaglie/perché/ perché ogni uomo senza battaglie/ non può sentirsi un uomo/ un uomo un uomo un uomo un uomo”.
Ascolto la canzone di Patty Pravo, “Tripoli ‘69” e penso a lui, al povero Gheddafi che salito al potere 42 anni fa (proprio nel 1969) ora si ritrova spodestato e costretto a nascondersi non si sa dove. Come farà il raìs con tutti i suoi vestiti sgargianti a passare inosservato? Chissà se le sue amiche amazzoni l’hanno accompagnato (oppure gli stavano vicino solo in Italia in modo da far rosicare il suo ormai ex amico Berlusconi?). Chissà che fine gli prepareranno i ribelli? Sono domande che tutti, angosciati, legittimamente ci poniamo, mentre lui rimane lì, nella sua terra, urlando ai quattro venti che bisogna resistere, perché la Libia deve appartenere ai libici e a nessun altro. Un colonnello tutto d’un pezzo!
Ciò detto, premetto che per ogni seria riflessione sull’andamento di questa pazza guerra libica cent’anni dopo l’impresa coloniale italiana (e pensare che dicevamo di aver conquistato solo uno scatolone di sabbia…: sempre svegli noialtri!), rimando a quel che han scritto Magdi Cristiano Allam e Massimo Introvigne.
Però due parole le voglio dire anch’io. Cosa abbiamo ottenuto con sei mesi di guerra? Forse è ancora presto per trarre conclusioni, tuttavia al momento la risposta è: non un granché. Anzi, di sicuro si è portato il Paese nel caos. Un tiranno è stato abbattuto. È vero. Bene. Nessuno sopportava le pagliacciate di cui ci ha resi spettatori quando è giunto in Italia. E nessuno condivideva la sua condotta politica. Personalmente, poi, non gradivo le sue frecciate anti-italiane, dal momento che, tutto sommato, qualcosa di buono in Libia gli italiani l’hanno fatto. Ma ora? Siamo sicuri che dopo Gheddafi arriverà la democrazia? Siamo sicuri che staremo più sicuri? Io ne dubito. Insomma, non credo che Tripoli diventerà un “bel suol d’amore”. In effetti, così come sta accadendo in Egitto e in Tunisia, il movimento dei rivoltosi è disomogeneo e per niente unito. E tra coloro che hanno sconfitto il raìs ci stanno pure i fondamentalisti islamici. Oggi il vero problema della presunta primavera araba (Israele sarà contento!) è proprio l’avanzata dei radicali islamici, specie dei Fratelli musulmani, che sembrano moderati, ma moderati non sono affatto. Non è un caso che sia in Egitto, sia in Libia, si sta pensando di rendere la sharia la principale sorgente legislativa dello Stato. Come avrebbe detto la Sora Lella:
Insomma, alla fine della fiera, non vorrei che si dicesse: ma chi ce l’ha fatto fare? In fondo, Berlusconi alla guerra era contrario, ma vi ha preso parte perché spinto dall'improvvisa passione guerrafondaia del nostro Capo dello Stato. Una passione peraltro condivisa dalla sinistra, che in genere ci ha sempre rotto le balle con la solfa del pacifismo e dell’anticolonialismo. Questa volta invece tutto il mondo voleva la guerra. Della Siria, dove Assad si sta comportando assai peggio di Gheddafi, non ce ne frega nulla. Ma in Libia, cribbio, si doveva intervenire per difendere la popolazione! Siamo o non siamo i difensori dei diritti umani? Ecco, vedremo ora dove si andrà a parare. Io penso, con amarezza, che dopo tutto questo baccano si constaterà: era meglio Gheddafi.
P.S. Faccio una confidenza. Io e il colonnello abbiamo lo stesso debole. A tutti e due piace Condoleeza Rice. Solo che io non ho un album con tutte le sue foto e non ho mai confessato di amarla.
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