Il nostro appuntamento settimanale continua, cambiando forma. Invece di berci tutti e 4 gli shot in una volta sola, faremo un doppio giro ogni martedì, per avere dei flash aggiuntivi su alcuni temi che ci coinvolgono direttamente come credenti e non. Buoni, corti, colorati come shot.
Lo shot giallo segna il primo martedì: sarà una piccola riflessione o questione di tema misto, liturgico-ecclesiastico-morale,...
Lo shot azzurro tratterà della Beata Vergine Maria e verrà il martedì successivo al giallo.
Lo shot verde sarà la bussola rappresentata da qualche nostro amico già in Cielo che ci invita a seguire le orme di Cristo come egli stesso ha fatto, con la (verde)speranza di incontrarlo in Paradiso insieme al Capo, la settimana successiva al precedente.
Lo shot rosso concluderà tutto con un bel testo - testimonianza pensata e ragionata da parte di chi qualcosa ci capiva (qualcuno con la testa sulle spalle, insomma).
UNA EPIFANIA IN TRE
Nunc dimittis. Ora lascia.
Queste le prime due parole del cantico di Simeone, che la liturgia delle ore ci fa ripetere a compieta, cioè prima di chiudere gli occhi alla giornata appena trascorsa.
Ed è l'inno che è risuonato sabato scorso, festa della Presentazione al Tempio di Gesù, 40 giorni dopo Natale, che conclude ufficialmente questo periodo, anche se liturgicamente siamo nel Tempo Ordinario dal 14 gennaio.
Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Ora manda via, manda lontano da, lascia andare, "mittere de" è un moto da luogo che indica separazione, allontanamento; risuona la parola "dimissioni", abbandonare, lasciare andare. Ma in pace, cioè non è una separazione frutto di rottura, ma una richiesta pacifica di compimento, arrivata dopo decenni che Simeone aspettava il Messia, dopo che per anni e anni lo ha cercato, ha pregato, ha voluto e desiderato vederlo. Credeva nella promessa di Dio che lo avrebbe visto sicuramente. E si recava ogni giorno al Tempio per questo. Lascia allontanare da questa vita il tuo servo, in pace, secondo la tua parola: secondo quanto mi hai detto tutto si è compiuto, lo scopo della mia vita è stato raggiunto, il tempo è finito, posso andarmene in pace.
Perchè? Perché quest'uomo se ne può andare in pace, quale parola Dio gli ha detto? Quia viderunt oculi mei salutare tuum quod parasti ante faciem omnium populorum. Perché i miei occhi hanno visto il tuo "salutare", la tua cura, il tuo rimedio, la tua salvezza, quello che hai preparato per tutta l'umanità, per salvarla dai suoi peccati, hanno visto Gesù, il Messia, il Signore di tutto. Questa salvezza preparata davanti a tutti i popoli, letteralmente davanti al volto di tutti i popoli, davanti al loro sguardo.
E poi specifica cosa è questa salvezza, questo Bambino, questo Dio: lumen ad revelationem gentium et gloriam plebis tuae Israel. Luce per la rivelazione delle genti, luce che rivelerà le genti. Cristo ci rivela il Padre, Dio ci si rivela e contemporaneamente rivela anche noi a noi stessi. Ci illumina. Lui che è la gloria del popolo di Dio Israele, la manifestazione più alta che un uomo potrà mai essere perché vero Dio e vero uomo. Nessuno prima, durante nè dopo potrà mai essere Gesù Cristo, Figlio Unigenito del Padre, Dio, seconda Persona della S.S. Trinità.
Perché lo recitiamo ogni sera, per chi segue la liturgia delle ore? Si chiede a Dio di congedarsi (dimittere) dalla giornata in pace perché Lo abbiamo visto. Lo abbiamo cercato in tutte le circostanze, le vicende, le persone e, se siamo stati attenti, Lo abbiamo visto. Magari qualche volta no, non Lo abbiamo riconosciuto, ma c'era. Chiediamo a Dio la grazia di riconoscerLo, ma c'è, sempre, ogni giorno nella nostra vita. E là illumina e ci illumina, ci salva ora, qui, sempre.
Leggiamo le parole di un giovane cristiano, Marco Gallo, morto a 17 anni per un incidente stradale, il 5 novembre 2011. Un giovane affamato di vita, di senso, del Mistero come lui lo chiamava, cioè di Cristo:
"Il punto del mio discorso è questo: se Cristo realmente non fosse qualcuno che accade nel presente della nostra vita, se Cristo realmente non mi salva, non ti salva, ora, ma soprattutto, se noi non siamo disposti ad aspettarcelo e ad accettarlo ora, per quale motivo possiamo definirci cristiani? Se non abbiamo intenzione di cambiare i nostri modi di fare, se non siamo disposti ad abbandonare le nostre fragili certezze, i nostri patetici timori (che può essere addirittura quello di parlare a uno sconosciuto), il modo in cui spendiamo il tempo e con cui ci rapportiamo con la realtà e con le persone, in cosa speriamo?".
(Lettera al settimanale "Tempi" inviata da Marco Gallo dopo la beatificazione di S. Giovanni Paolo II, tratta dal libro "Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare", p. 194).
Naturalmente tale passo di cambiamento non può essere il frutto solamente dei nostri sforzi, delle nostre coerenze che servono a ben poco se non piantiamo il nostro centro in Dio Padre, relazionandoci con Lui, Lui che solo con la Sua grazia e il Suo amore può realmente trasformarci in uomini liberi, cioè figli Suoi. Ma ci vuole anche una nostra apertura, un nostro volere accettare l'opera di Dio in noi. E questo tocca a noi. Ora, nel luogo in cui siamo, noi proprio.
Per approfondire:
La Sacra Bibbia: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM
Catechismo della Chiesa Cattolica: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm.
Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica: http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html.
Vita dei Santi: http://www.santiebeati.it/.
Santo Rosario: http://www.vatican.va/special/rosary/documents/misteri.html
Pubblicato il 05 febbraio 2019
0 commenti :
Posta un commento