Nelle ultime avventure di don Camillo pubblicate (sono contenute nella raccolta L’Italia in graticola, edita dal Borghese nel 1968), Giovannino Guareschi immaginò un don Camillo ormai anziano che, disobbedendo al Concilio, continuò a celebrare la liturgia Vetus Ordo in forma clandestina. «Don Camillo, tenga duro: quando i generali tradiscono, abbiamo più che mai bisogno della fedeltà dei soldati» commentava il suo Gesù di fronte al palese tradimento della gerarchia ecclesiastica che si stava consumando (e che si consuma tutt’oggi).
A dirla tutta, al giorno d’oggi con l’emergenza coronavirus e il divieto di celebrare Messa i vescovi italiani hanno dato prova di una nuova e più originale forma di tradimento: quello in nome delle norme igieniche. Massimo rispetto per le iniziative del Governo, beninteso. Ma si può osservare che la Cei non aveva l’obbligo di recepire così supinamente le direttive del Conte-bis, anche perché esiste – è bene ricordalo – una sovranità ed una indipendenza della Chiesa rispetto allo Stato italiano, sancita dalla Costituzione. La presa d’atto della Cei, in nome del quieto vivere e del più alto bene rappresentato dalla salute è stata perlomeno fuori luogo: da qui al 3 aprile le Messe saranno sospese e, c’è da immaginarlo, anche confessioni ed estreme unzioni saranno a rischio. Pur confidando in preti “refrattari”, la stragrande maggioranza dei fedeli sarà allontanata da Cristo Eucaristico; c’è una certa differenza rispetto a quanto operato dalla Chiesa nel corso dei flagelli della storia. Nel corso delle pestilenze, si moltiplicava il numero delle celebrazioni (altro che azzerarlo!) e nel corso delle persecuzioni la Chiesa si è opposta ai dictat di giacobini e comunisti, rischiando la galera e la ghigliottina. Oggi, fortunatamente, non si rischia più il plotone di esecuzione, e proprio per questo si sperava in un po’ di buon senso da parte della Cei, che poteva accogliere le direttive del Governo continuando a celebrare comunque le Messe, rispettando le distanze “di sicurezza”. Insomma: al bar e nei ristoranti si può garantire un metro di distanza e in chiesa no? Ma le avete viste le nostre chiese? Specialmente le Messe feriali sono semideserte, se va bene c’è il parroco e quattro fedeli “irriducibili” che possono benissimo distribuirsi uno per banco.
Terremo fino ad inizio aprile (e oltre?) i supermercati pieni ma le chiese saranno svuotate della loro funzione principale. Ci si può infine legittimamente domandare se altre comunità religiose, come quella islamica, rispetteranno il divieto del governo; è inutile nascondersi dietro un dito: buona parte delle moschee sono celate ai più, e sarebbe oltremodo surreale avere, nella nazione-simbolo del cattolicesimo, chiese chiuse e moschee aperte.
Sì, è surreale quanto sta accadendo in Italia. In passato, pestilenze e morbi si combattevano anche con le Sante Messe. Di colpo, temendo di morire, si diventava tutti più religiosi; sulla qualità di questa religiosità è legittimo sorvolare, ma il dato di fatto è che tutti pregavano. Non è mai successo nella storia umana che per curare il corpo si privasse l’anima del suo conforto. Eppure, oggi è così: non è un caso, poiché abbiamo dimenticato da ormai troppi anni cosa sia l’anima e Chi sia Dio. La cosa terribile è che l’hanno dimenticato anche molti dei nostri pastori.
Pubblicato il 10 marzo 2020
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