28 marzo 2020

Covid19. Una preghiera per uscire dal castigo

Piaghe d'Egitto
di Amicizia San Benedetto Brixia
Non credo possiamo dire che il Coronavirus non sia un Castigo di Dio, a meno che parli in noi lo spirito di Anania, falso profeta. Siamo nel terzo millennio, all’apice del sapere scientifico e tecnico, e in poche settimane un virus influenzale mette in crisi sistema sanitario, struttura economica, governance politica, ordini scolastici. A ciò si aggiunga una paralisi della vita religiosa, che va a toccare anche misteri di devozione e di fede primari: la salvificità della Divina Eucaristia e la capacità taumaturgica delle acque di Lourdes.
I sommelier dicono che, annacquando il vino, l’ultimo aroma ad andarsene è quello di tappo: forse il castigo divino consiste in questo annacquamento della società. Serve a farci riconoscere distintamente l’aroma di tappo. Ma allora perché negare che ci sia un castigo? Forse per negare che ci sia del marcio?

E ancora, negando che ci sia un Castigo divino, stiamo anche negando che possa esserci una Provvidenza divina? Stiamo togliendo Dio dalla storia e dal quotidiano? Lo stiamo riducendo a un’esegesi dotta o a una prassi di assistenza sociale? Sembra di sì. Dio non può aiutarci, per questo ricorriamo a disposizioni socio-politiche e non più a sacramenti o santuari.
Fa impressione vedere le Messe proibite; la Comunione sulla lingua proibita; la acqua taumaturgiche di Lourdes interdette. E tutto ciò accompagnato da comunicati blandi, simili a quelli che hanno annunciato la sospensione delle gare calcistiche. “Ci dispiace”, non è il commento che vogliamo sentire dai cristiani e dai loro pastori.
Dal punto di vista della politica questa è l’affermazione chiara di un laicismo anticlericale e irreligioso che ormai pervade e anima di fatto i nostri Paesi. Dal punto di vista ecclesiale, nel migliore dei casi, è sintomo di una sudditanza e di un’impotenza assoluta.
Per accogliere i migranti ci sono stati preti disposti a vivere in roulotte; per affermare la potenza di Dio e la sua Provvidenza tangibile a cosa sono disposti i preti?
Mi piacerebbe fossero disposti anche solo a pregare con la preghiera che ora riporto, e che mi è stata suggerita da un amico sacerdote. Una preghiera che non dice “mi dispiace”, ma “chiedo perdono”.

Perdonami, Signore, perché il contagio è anche colpa mia.
Le mie mediocrità, i miei egoismi, le concessioni, la fede superficiale venduta come fede adulta: tutto ciò ha contribuito a questa sciagura che ora viviamo. Non posso giudicare gli altri, ma devo rispondere per me. Ti chiedo perdono per quello che io ho fatto e per quello che io ho omesso. Ti chiedo perdono perché in ogni piccolo compromesso io sono responsabile delle assurdità che oggi accadono.
Perché tante volte ho celebrato distrattamente e malvolentieri, senza pensare davvero a Te né preoccuparmi dei fedeli, e ora non posso celebrare più con nessuno e Ti invoco con apprensione.
Perché non ho educato il Popolo di Dio a ricevere la S. Comunione in modo santo, e ora devo distribuirla in obbedienza a criteri sanitari, come se fosse logico chiedere il tuo Corpo temendo che possa farci del male.
Perché non ho spiegato il vero senso dell’Ira Divina, citata nella Bibbia, e dei Meritati Castighi, riportati nel Messale, e ora sotto questi colpi ci tocca soccombere senza saperli nominare.
Perché ho predicato di politica e di assistenzialismo, ma non ho innalzato gli sguardi dei fedeli alla tua Provvidenza, e ora non sappiamo dove guardare per riconoscerTi presente.
Perché mi sono preoccupato dell’ecologia e della terra, ma ho trascurato le esigenze dell’anima, e ora i fedeli non mi credono se li esorto a curare lo spirito più del corpo.
Perché ho celebrato la scienza e la cura, ma non ho creduto fino in fondo nelle promesse rivelate dalla Vergine, e ora i miei ammalati non posso più portarli alle acque sanatrici di Lourdes .
Perché ho esaltato il dialogo e l’impegno politico, e ora la politica schiaccia la fede e nessuno nemmeno immagina che si debba reagire.
Perché ho preteso di sganciare Dio dai suoi miracoli, e ora non posso più difenderlo, mentre attaccano Lui e i suoi miracoli, e ce li negano come fossero accessi a un Luna Park.
Perché ho passato più tempo al bar o in ufficio che davanti al Tabernacolo, e ora è più facile intrattenersi al ristorante, anziché incontrarsi nella tua Casa.
Ti chiedo perdono, Signore, e chiedo perdono alle persone che mi hanno seguito in questi anni, per tutte le volte in cui le ho ingannate e ti ho messo da parte. Mentre loro credevano che io gli stessi mostrando il Tuo vero volto, io gli mostravo me stesso, i miei studi razionali e moderni, le mie convinzioni e quelle del mio psicologo.
Perdonami, Signore, perché il contagio è anche colpa mia”. 

Sembra un buon punto da cui ripartire. Un buono spiraglio per evitare il monito che risuona in questi giorni di Quaresima:   “Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce; dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi ricercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio” (Isaia 58, 1-2).


 

0 commenti :

Posta un commento