Niente Messe… Con sollecitudine le Diocesi del Nord, anche ben lontane dalle zone “rosse e gialle” sospendono la celebrazione dell’Eucarestia, talvolta seguendo di pochi minuti decreti governativi, regionali e prefettizi, talvolta lasciando finire almeno la Domenica. Stemmi episcopali a suggellare comunicazioni poco più che burocratiche o vere lettere pastorali, che ricordano almeno ai sacerdoti di celebrare comunque il Sacrificio dell’Altare e ai fedeli di pregare con più fervore.
Voglio però raccontare come è il Signore stesso a venire incontro alla sua Chiesa, quando il dolore per quanto imposto è sincero. Voglio raccontare di una mattina di febbraio un po’ surreale, il giorno che concluderebbe il Carnevale Romano, poche singole “principesse” con un pugno di coriandoli per le strade, per mano ai nonni, bar pieni fino al “coprifuoco” delle 18, supermercati aperti e Messe sospese.
Muore un sacerdote. Un uomo ancora vigoroso, non fosse per il male che in pochi anni gli ha tolto prima la voce e poi tutto il resto; finché ha potuto ha celebrato e poi concelebrato. Le chiese senza Messa espongono il manifesto funebre; alle 11 del mattino, i “parenti stretti” (come dicono le comunicazioni sulla sospensione delle Messe) si radunano in una chiesa appena fuori dal centro storico. In effetti il sacerdote non aveva più “parenti stretti”, se non i confratelli della Diocesi, presenti nella quasi totalità, e i membri del movimento di cui faceva parte. La chiesa, non piccola, si riempie. Una sola mascherina sull’altare, un flacone di amuchina all’ingresso, il comunicato appeso sul portone che parla dell’epidemia, per stamattina inutile… Il Signore scrive diritto sulle nostre righe storte. Anche accogliendo nella sua Casa chi ha sofferto e offerto.
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