04 novembre 2019

La "zona grigia" del relativismo


di Tommaso Lupica
Si assiste oggi ad una progressiva e aggressiva distruzione di ciò che, fino a non molti anni fa, era percepito come un valore o una semplice evidenza, se non realtà naturale. Vengono messe in discussione moltissime questioni o, per meglio dire, ogni questione che abbia anche un vago sentore di “tradizionale”, termine utilizzato (a sproposito) per definire ogni elemento che non corrisponda alla nuova religione del politicamente corretto.
Il tradizionale va dunque abbattuto, cancellato. E’ tutto da riscrivere, nel nome di un essere umano ormai emancipato da dogmi e superstizioni di sorta. Si tratta di una distruzione fondamentale per l’imposizione del nuovo modello di società veramente degna dell’uomo, fondata sul distorto valore della libertà intesa come semplice e pura “assenza di limiti o barriere”; desideri che diventano diritti. Ciò che spaventa ancora di più è la totale assenza di valori alternativi che andrebbero a rimpiazzare ciò che l’uomo ha da sempre creduto. Come dicevo poc’anzi, non vi sono più solide certezze, bensì pura assenza di limiti. Tutto è dunque lecito? No. Per il momento. Il relativismo regna sovrano, perché ciò che ora non è accettato magari potrà esserlo in futuro. Un tempo non si sarebbero mai sognati l’aberrazione della teoria gender, eppure oggi è un’ideologia estremamente difficile da estirpare. Chi può escludere che in un futuro l’attrazione fisica verso un infante non possa essere riconosciuta come comune orientamento sessuale?

Ciò che è più pericoloso in questa tendenza è l’immenso vuoto lasciato dai precedenti valori, e che tale rimarrà perché non vi sarà nient’altro pronto a sostituirli. La “libertà”, o meglio l’anarchia, non è un valore, ma una sua conseguenza. La libertà è lo stato in cui quel valore, se sano, ti pone. Non è una dea, e non si autogenera.

Si opera dunque nelle persone un massiccio allargamento della zona grigia, fatta di incertezze e confusione, di mancanza di un qualsiasi riferimento o metro di misura. La prima vittima di tutto ciò è l’individuo. La sua identità viene letteralmente spazzata via e sostituita da slogan che, concretamente, sono privi di una qualunque sostanza. Non si è più uomini o donne, ma qualsiasi cosa si voglia essere; non più italiani, ma cittadini del mondo; non più cristiani, ma laici e aperti ad ogni religione. E’ evidente come ad una precisa identità (sociale, religiosa, sessuale) sia contrapposta una totale assenza di limiti che, sotto la promessa di liberare l’uomo dalle catene di un’ipotetica oppressione, ne annichilisce la persona gettandolo in una viscosa incertezza che di concreto, oltre i soliti paroloni, non ha nulla. Le conseguenze sono gravi, ma saranno nefaste per le generazioni future che nasceranno all’interno dell’oceano grigio che ancora, nei nostri giorni, va formandosi e perfezionandosi.

Un primo effetto evidente è l’alienazione dalla realtà vicina e immediata. Se ogni cosa viene puntualmente osservata sotto l’ottica relativistica, significa che non vi è nulla di certo, né vi sono modi e ragioni per renderla tale. Di conseguenza la realtà perde un qualsiasi valore oggettivo, e pure strumenti come la logica e la coscienza vengono ridotti a semplici inclinazioni personali. Questo non può che portare le persone a distaccarsi dalla realtà stessa, a cercare delle vie di fuga rispetto alla confusione e (conseguenza del caos) al male che ne scaturisce. Crolla dunque un qualsiasi impegno personale nella creazione di un proprio sistema di valori, poiché tanto sono tutti relativi e intercambiabili. Perché preoccuparsi di essere un vero uomo o una vera donna, se si può essere una versione mediocre di entrambi? Perché mettersi in gioco in un percorso di fede se si può scegliere le cose più accattivanti di tutte e crearsi un credo adatto alle proprie esigenze?

L’essere umano ama credersi adulto e maturo, ma in realtà è come un bambino. Se a questi si da sempre ciò che vuole non diventa responsabile, ma terribilmente viziato. Per contro un’educazione fatta di saldi principi tira su uomini sicuri di ciò in cui credono. Questa educazione viene oggi osteggiata in ogni modo, e purtroppo sta scemando sempre di più soprattutto fra le giovani generazioni. E’ necessario più che mai il ritorno alla famiglia come prima e più importante educatrice dei figli e veicolo di sani valori, mentre oggi è Internet ad avere questo monopolio. In secondo luogo l’emancipazione di una persona passa inevitabilmente dalla conoscenza critica, dallo studio, dalla prudenza e dall’attento vaglio di ciò che le moderne fonti di informazione propongono/impongono. Non si può essere tuttologi, ma basta focalizzarsi solo su un tema o un argomento, costruendo un’opinione sicura che, seppur limitata, almeno esiste. Ma soprattutto la conoscenza deve essere il primo strumento per riscoprire la propria identità, non per denigrarla. Capire prima cosa significa essere italiano/a, uomo/donna e cristiano/a invece di attaccare ciò che semplicemente non si conosce più.
In sostanza, è assolutamente necessario riacquistare la propria (vera) libertà, e l’unico modo per farlo è uscire dalla zona grigia; distaccarsi dalla mortifera visione relativista che, sotto le spoglie di un’illusoria libertà, distrugge la cosa più preziosa che si possiede: la propria soggettività e, per chi ha uno sguardo rivolto verso il cielo, la propria anima.


 

0 commenti :

Posta un commento