di Alfredo Incollingo
Il Papa ha ricordato in molti suoi discorsi l'esigenza di non scartare le tante “periferie esistenziali” che albergano nelle grandi metropoli. Per “periferia” si intendono i luoghi fisici ai margini di grandi città, spesso lasciati a se stessi nella sporcizia e nel malaffare. La metafora del Papa sintetizza nel modo migliore le circostanze meste e drammatiche di persone e spesso di intere famiglie che vivono nel male o ne sono vittime. Purtroppo a farne le spese nella maggior parte dei casi sono i minori che risentono fortemente del disagio e dell'indigenza. Le nostre metropoli sono luoghi di ricchezza e di benessere, ma ospitano anche “gironi infernali” dove è facile per chiunque perdersi. Droga, vizio, criminalità... sono solo alcuni dei tanti mali che da sempre, tuttavia, affliggono l'uomo, ma che oggi vengono affrontate alle volte in maniera troppo blanda. Il pontefice ha ricordato la necessità di non abbandonare questi fratelli e di rivolgere la nostra carità anche verso costoro, che purtroppo preferiscono soffrire nel silenzio.
Chi, più di San Filippo Neri, ha conosciuto la realtà delle “periferie esistenziali”? Chi era il “santo della gioia”? Il fiorentino Filippo Neri era il figlio cadetto di una ricca famiglia di notai. Trasferitosi a Roma non poté non constatare lo stato di decadenza della capitale della cristianità. La città che custodiva le spoglie di San Pietro e San Paolo era infestata dal vizio e dall'immoralità e tanti adolescenti e bambini erano costretti a vivere per strada e a percorrere le strade della perdizione. Di fronte all'evidenza del male in Filippo si accese la fiamma della fede conferendogli un ardore senza precedenti. Devoto e zelante nel suo impegno cristiano non si stancò mai di girare per le strade di Roma, vivendo nel mondo con distacco, testimoniando il Vangelo con animo gaudente e lieto. La letizia con cui annunciava la parola di Dio lo rese celebre tra i più piccoli: era possibile, capì, insegnare il Vangelo ai giovani alternando canti, giochi a momenti di riflessione e di intensa spiritualità. Questo fu il segreto del successo dell'Oratorio, luogo più spirituale che fisico, in cui si raccoglievano i tanti adolescenti salvati ed educati da San Filippo.
Da dove proveniva questo grande spirito d'amore? Oltre ad essere un uomo di mondo, lontano dai veleni della “mondanità”, San Filippo Neri palesò una vocazione sacerdotale e cristiana unica. Passava ore e ore in piena contemplazione, mai pago; riportò in auge il pellegrinaggio delle “Sette Chiese di Roma” come atto di penitenza per i propri peccati e fu promotore di processioni e veglie di preghiera per il rinnovamento della Chiesa di Cristo.
Fu nella notte di Pentecoste del 1544 che si verificò l'evento decisivo della sua vita: durante una veglia di preghiera nelle catacombe di San Sebastiano visse un'estasi tale da “lasciargli il segno” nel fisico e nell'animo: tramite lo Spirito Santo il suo cuore si dilatò ulteriormente infondendogli una forza straordinaria e conferendogli la capacità di leggere nei cuori. Prese quindi i voti sacerdotali nel 1551 e divenne noto come Confessore per queste sue grandi doti.
Da qui prese avvio l'esperienza degli Oratori per salvare dal male e dalla strada i tanti piccoli romani lasciati a se stessi per la città del vizio.
La sua gioia, il suo spirito umile e il suo zelo gli valsero la fama e l'ammirazione di tanti che finirono per seguirlo nella sua vocazione. Fondò nel 1575 la Congregazione dell'Oratorio, composta di laici e chierici, che perpetuarono poi nei secoli il suo amore e la sua letizia.
Il “santo della gioia” così fu soprannominato San Filippo Neri per il suo animo candido, mai troppo serio (non è virtù la serietà!) e sempre aperto al dono di sé. La sua santità fu riconosciuta quando ancora era in vita. Fatti straordinari avvennero in sua presenza. Nel 1583 il giovane principe Paolo dei Massimo, suo allievo all'Oratorio (che, ricordiamo, accoglieva poveri e ricchi), morì. San Filippo chiese di pregare al suo cospetto, invocando il suo nome come se lo volesse destare dal sonno. Miracolosamente il giovane nobile resuscitò di fronte allo stupore degli astanti.
La sua impronta nel mondo fu ufficialmente esaltata nel 1622 quando venne proclamato Santo da Papa Gregorio XV. Il giorno della sua memoria liturgica ricorre ogni anno il 26 maggio.
Pubblicato il 26 maggio 2016
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