30 maggio 2016

La casuale bomba a Nagasaki e i martiri giapponesi

Amakusa Shiro
di Francesco Filipazzi
La visita di Obama in Giappone, oltre a ribadire la storica superbia degli Stati Uniti e la loro protervia nel non riconoscere che il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki è stato un crimine di guerra immane e, soprattutto nel caso di Nagasaki, inutile in quanto i giapponesi stavano già trattando la resa, offre alcuni spunti di riflessione.
E' interessante notare che proprio Nagasaki era, prima della distruzione, la capitale del cristianesimo giapponese e quindi il lancio della bomba assume dei contorni inquietanti. Perché proprio questa città e non un'altra? L'ipotesi che l'attacco sia stato diretto contro i cattolici non appare certo peregrina, dato che la bomba venne sganciata esattamente sopra la cattedrale. D'altronde gli Alleati ce l'avevano con il Papa per più di un motivo. Prove della volontà specifica di colpire i cristiani però non ce ne sono, rimangono solo le illazioni di qualche tignoso come noialtri. Anche il Cardinale Biffi si interrogò sulla questione.

La versione ufficiale è che Nagasaki sarebbe stato un porto strategico, ma a guerra finita che senso aveva distruggerla?
Fatto sta che Nagasaki era il centro del cristianesimo, in particolare del cattolicesimo giapponese, perché nelle persecuzioni avvenute nel corso dei secoli nel paese del Sol Levante, proprio in questa città migliaia di persone si votarono al martirio per non rinnegare la propria fede.

Storia di martirio
La storia del cristianesimo in Giappone è quasi tutta una storia di persecuzione e martirio, raccontata da Rino Cammilleri in un quaderno del Timone, "Shimabara No Ran, la grande rivolta dei samurai cristiani" oltre che in un libro, "Il Crocifisso dei samurai".
Cristo arrivò nel Paese del Sol Levante grazie ai gesuiti, che all'epoca erano evangelizzatori veri, nella persona di San Francesco Saverio. Il santo, giunto nel 1549, trovò un Giappone feudale, diviso in caste, nel quale la spiritualità pagana era in decadimento, un po' come era decadente la religione di Roma quando arrivarono Pietro e Paolo. Il potere politico era gestito dallo Shogun, un primo ministro scelto fra i signori feudali, i Daimyo. L'Imperatore aveva un ruolo di natura principalmente spirituale, quasi fosse un sommo sacerdote. Va detto che il paese era in preda a continue lotte intestine fra i nobili per la conquista dello Shogunato e quindi ogni elemento in grado di assicurare un vantaggio sui rivali era ben accetto. Per farla breve (rimandiamo per i dettagli al quaderno o al libro), alcuni feudatari videro nel cristianesimo una possibilità di intrattenere rapporti commerciali con gli europei e quindi si convertirono, facendo sì che tutti i loro sottoposti, fra cui i cavalieri giapponesi, cioè i Samurai, si convertissero di riflesso. Nessuno immaginava che queste conversioni con il tempo diventassero genuine.

Nel frattempo la crescita del cristianesimo stava diventando un problema per le altre religioni presenti in Giappone, nel quale convivevano Shintoismo, culto degli Antenati e Buddhismo Zen. I monaci Zen erano abituati ad impegnarsi, anche fra loro, in lotte di potere violente per sostenere questo o quel nobile. Nota Cammilleri, che questi monaci predicavano il totale rispetto per ogni forma di vita, tanto da non schiacciare le mosche ma da scacciarle con apposite palette, salvo poi massacrarsi fra loro in modo indegno per motivi politici. I monaci quindi andarono dallo Shogun e gli dissero sostanzialmente "guarda che questi cristiani, se devono scegliere fra te e il loro Dio, scelgono il loro Dio". Un'osservazione che anche a Roma non andò giù. Lo Shogun appurò la cosa ed ebbe inizio un bagno di sangue che portò il Giappone allo stremo.

Shimabara no Ran
La persecuzione iniziò nel 1587 con il bando dei missionari, i quali però rimasero sull'isola. Il 5 febbraio 1597 allora vennero fatti crocifiggere a Nagasaki i "Ventisei martiri giapponesi", canonizzati poi da Pio IX. La persecuzione andò avanti a lungo e sistematicamente, le chiese venivano distrutte, i cristiani torturati con efferatezza inaudita e a migliaia vennero martirizzati sul Monte Unzen, sempre a Nagasaki.
I Samurai cristiani non volendo abiurare divennero samurai senza padrone, i Ronin, decidendo di andare a vivere in incognito. La situazione divenne però insostenibile, poiché oltre alle violenze inaudite ormai il Giappone era in crisi su tutti i fronti e le ingiustizie dei Daimyo erano generalizzate. Nel 1637 nella penisola di Shimabara scoppiò una rivolta.

Il popolo si ribellava dopo anni di oppressione, guidato dai Ronin, esperti nell'arte della guerra. Alla testa della rivolta c'era Shiro Amakusa, un samurai cristiano di appena sedici anni, la cui venuta era stata predetta dallo stesso San Francesco Saverio, stando agli scritti di un altro gesuita. Il carisma della persona unita all'aura profetica diedero ai ribelli una carica fortissima che permise loro di rimanere asserragliati per mesi nel castello di Hara, una struttura in rovina che i ribelli rinforzarono con palizzate di fortuna. Erano 37 mila, di cui metà donne e bambini, mentre l'altra metà erano uomini con armi leggere. Si trovarono contro 125 mila soldati pesanti giapponesi, che però non riuscirono a rompere l'assedio.
Per la cronaca, il colpo di grazia ai ribelli cristiani venne dato dagli olandesi che bombardarono il castello con le loro navi. Protestanti che, nella loro mentalità, combattevano contro i papisti. La rivolta ovviamente venne soffocata nel sangue e tutti i 37 mila cristiani vennero uccisi senza pietà. Shiro non fece seppuku, ma venne decapitato e la sua testa venne esposta a Nagasaki. Era il 1638. Oggi viene però ricordato con un mausoleo ed è una figura presente nella cultura giapponese, anche se nei manga e negli anime è spesso raffigurato come figura demoniaca.

Le "catacombe" giapponesi
La guerra civile intanto aveva stremato il Giappone e decimato l'esercito. Per questo le autorità politiche decisero di chiudere totalmente il paese, vietando l'ingresso e l'uscita. Chiunque fosse uscito sarebbe stato considerato traditore ed esiliato. Questo cristallizzò il paese, fino all'arrivo delle Navi Nere, navi da guerra americane che ruppero forzatamente l'isolamento l'8 luglio 1853, obbligando i giapponesi a commerciare con gli Usa. La ripresa dei commerci favorì il ritorno dei missionari, nonostante ai giapponesi rimanesse vietato il cristianesimo. Essi scoprirono però che il Vangelo non era per nulla scomparso. I Kakure Kirishitan, cristiani nascosti, aspettavano il ritorno dei preti da due secoli e mezzo. La situazione però era molto difficile, poiché solo gli occidentali potevano professarsi cristiani apertamente. Fino al 1899 proseguì il martirio.
Nel 1945 c'erano 120 mila cristiani, principalmente a Nagasaki, ma la bomba atomica, per la seconda volta dopo la rivolta di Shiro Amakusa, azzerò tutto.

 

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