di Francesco Mastromatteo
L’elezione di Papa
Francesco ha scatenato un’ enorme eco mediatica sulla – vera o presunta –
“novità rivoluzionaria” costituita dal nuovo Pontefice. Vogliamo qui soffermarci meglio sull’epocale
incontro avvenuto oggi a Castel Gandolfo con il suo predecessore Benedetto XVI,
un episodio per certi aspetti unico
nella storia della Chiesa e pregno di significati simbolici dalle conseguenze
non tutte prevedibili e lineari. Una
riflessione che parte dalla storia e dall’essenza stessa del papato, ma che va
fatta soprattutto alla luce della potenza, anche distorsiva, che i moderni
mezzi di comunicazione di massa possono avere, (complice anche una certa
ingenuità dei responsabili della comunicazione vaticana, evidentemente troppo
sensibili a un trend mediatico che ha ormai trasformato in un reality anche la
vita dei papi).
A
partire dal tardo Medio Evo, un ricco dispositivo rituale e retorico si è venuto elaborando intorno al tema della
caducità e della transitorietà della vicenda terrena dei papi. E' una ritualità,
come ha ben spiegato lo storico Agostino Paravicini Bagliani, poi ripreso dal
giovane studioso e blogger Antonio Margheriti, che differenzia il Corpo del Papa da quello
del Re. Per il Papa, il rapporto tra corporeità e funzione non si pone come per
il Re, che ha un duplice corpo come ha chiarito lo storico E. K. Kantorowicz
nel suo celebre libro “I due corpi del Re”, laddove si prendevano in
considerazione il corpo naturale del sovrano e uno mistico, assimilabile al
regno, considerato sacrale ed immortale, un concetto ripreso dai teorici
moderni per meglio imporre l’autorità dello Stato. Il Papa è un sovrano diverso
dai Re e dagli Imperatori, perché il suo potere è duplice: spirituale e temporale.
Essendo il Papa il vicario di Cristo, e la Chiesa innanzitutto il corpo mistico di Cristo, la morte dei papi
veniva esaltata ritualmente: il Papa doveva apparire chiaramente morto per
meglio evidenziare la perpetuità della Chiesa.
Aspetti
essenziali della “lunga durata” bimillenaria della Chiesa, tanto più da
considerare davanti al caso – storicamente non inedito seppur rarissimo, ma
reso inaudito per gli aspetti specifici della vicenda – dell’abdicazione di
Benedetto XVI. Per la prima volta nella storia cattolica, due papi, uno
regnante e uno “emerito” (per ricorrere alla inconsueta e forse infelice
definizione scelta in Vaticano), entrambi vestiti di bianco, si sono ritrovati
faccia a faccia, immortalati in immagini che stanno facendo il giro del
mondo.
E’ vero, come si fa
notare da parte di alcuni, che Ratzinger non indossava la mozzetta bianca, né
l’anello piscatorio, segni imprescindibili del ministero petrino, ma questi
sono particolari che sfuggono al grande pubblico, al quale rischia di restare
impressa nella mente, al di là dei distinguo canonici e teologici, l’immagine
dei coesistenti “due papi” (come titolano un po’ tutte le testate) vestiti di
bianco. Un Pontefice però non è certo un personaggio qualsiasi, e non ricopre
una carica come le altre. Il Papa è il vicario di Cristo, non il delegato di un sindaco di una
cittadina di provincia, dove può capitare che magari due assessori indossino
contemporaneamente la fascia tricolore in vece del primo cittadino, come è
successo, nonostante la legge lo vieti. Una volta cessato il regno di uno, per
morte o rinuncia, ed eletto validamente il suo successore, deve essere chiaro a
tutti, anche “mediaticamente”, che di Papa ce n’è uno solo.
Se c’è un detto
popolare retorico e fuorviante, è proprio quello secondo cui “l’abito non fa il
monaco”. L’abito, ovvero il simbolo, è importantissimo, e se fa il monaco a
maggior ragione fa il Papa. La forma spesso è sostanza, e nell’epoca della
comunicazione globale di massa, in cui la rete annulla le distanze tra il tempo
e lo spazio ma non la potenza altamente significativa dei simboli, un’immagine
dice molto più di mille discorsi. Sarebbe ora che se ne accorgessero anche in
Vaticano, dove sembra andare di moda la “comunicazione creativa”.
Sinceramente se la "gente" pensa che ci siano due papi la colpa è loro non della comunicazione del Vaticano.
RispondiEliminaSe uno non vuol fare la fatica di informarsi resti nella sua ignoranza
resta il fatto che la categoria di "papa emerito", letteralmente inventata per questa occasione, sia canonicamente parlando molto discutibile. Un ex papa torna a essere vescovo o al massimo cardinale, la "papità" emerita non ha senso nel momento in cui un vescovo emerito conserva tutti i poteri derivanti dalla consacrazione e volendo potrebbe consacrare altri vescovi a sua volta, mentre un "papa emerito" non può creare cardinali o emanare dogmi. E' un titolo onorifico, certo, ma non tutti distinguono le etichette onorarie dalle cariche effettive, e non tutti sono esperti di diritto canonico. Il Papa è uno solo e anche mediaticamente andrebbe rafforzato questo concetto, pena lo scadere della massima carica terrena a una qualsiasi tra quelle mondane.
EliminaP.s.: qualcuno fa fatica a informarsi, altri a dire come si chiamano nei commenti...
http://www.zenit.org/it/articles/un-papa-emerito-non-puo-esistere
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