di Giorgio Salzano
Da diversi giorni mi frulla per la testa un possibile incipit per un post: io ho una difficoltà, o sono cristiano cattolico ortodosso io, o lo è un certo omino in bianco. Questione imbarazzante, perché tanto per cominciare mi si potrebbe chiedere, ma chi ti credi di essere? La risposta è semplice: nessuno. Mi limito a ritenere vero quello che è stato affermato tale semper ubique ab omnibus. E lui, l’omino in bianco, chi si crede di essere? La risposta sembra abbastanza chiara: il Papa. Ma questo sposta il problema: chi è dunque il Papa, non individualmente è chiaro, ma come figura? Io avrei una risposta da suggerire: non dovrebbe essere nessuno, se non uno chiamato a confermare il popolo dei cristiani nella verità di ciò che stato riconosciuto vero semper ubique ab omnibus. Un lettore appena appena un po’ acuto avrà a questo punto individuato che proprio qua sta la difficoltà: che la formula di Vincenzo da Lerino per identificare l’insegnamento cristiano ortodosso è aperta a discussione.
Faccio un salto, da questo incipit destinato a spiegare perché l’attuale omino in bianco mi sembra troppo cospicuamente qualcuno rispetto all’insegnamento tramandato nella Chiesa, e invece degli sviluppi che avevo in mente (ed eventualmente riprenderò in un’altra occasione) riferisco di un interessante libro di una quindicina di anni fa che mi è capitato oggi di leggere, La fisica del Cristianesimo di Frank J. Tipler. Val la pena di parlarne, non tanto per comunicare le mie impressioni al riguardo, quanto per una certa esemplarità nel suo atteggiamento verso la dottrina cristiana, che è, come ho detto di me stesso, quella di un nessuno, ossia uno che semplicemente la accetta come è stata trasmessa nella Chiesa cattolica: trinità, incarnazione, nascita verginale di Gesù, sua resurrezione, presenza reale nell’eucaristia e resurrezione dei morti.
Tipler è un fisico e da fisico si sforza di argomentare la verità della dottrina cristiana. Commette così un “peccato mortale”, diciamo, tanto per i fisici quanto per i teologi (ed i chierici, per i quali non c’è dottrina se non in quanto è rivisitata dai teologi). È opinione corrente, egli osserva, che «non è accettabile per un fisico in quanto tale credere in Dio»; i teologi, dall’altra parte, di fisica e cosmologia si disinteressano completamente, lasciandola ai non credenti, così detti, ai quali finiscono in definitiva per dare ragione, relegandosi nel loro campicello arato con il vomere della filologia, biblica e di storia della dottrina. Non pare si accorgano che senza cosmologia il Cristianesimo non regge, diventando una credenza tra le tante professate su un piccolo pianeta di un piccolo sole di una galassia tra gli ammassi di galassie che costituiscono l’universo. Non resterebbe allora alla religione che la morale, come suggeriva Kant (e il sermoneggiare dell’omino in bianco, così alieno dai riferimenti dottrinali da suonare come qualcuno da stare a sentire soltanto per la posizione che occupa). A meno di non fare come Tipler, che sulla base della nuova cosmologia fisico-matematica, correntemente accreditata nella sua dimostrazione della natura delle cose, cerca di rendere ragione dell’eredità cristiana.
Non voglio dire con questo che sono d’accordo con il complesso e i particolari degli argomenti che sviluppa. Riportarli e discuterli criticamente sarebbe lungo, ma resto affascinato dall’impresa, ossia il rifiuto dell’equivalente moderno della dottrina proposta nel XIII secolo all’epoca della incipiente scolastica di una “doppia verità”: per cui una cosa sarebbe la verità scientifica e un’altra la verità religiosa. Che questo sia un assurdo lo dimostra l’invasione del mondo accademico e della scuola da parte di un insegnamento che non concede spazio alla verità detta religiosa. Tipler si dichiara un «fondamentalista della fisica», intendendo «che si debbono accettare per vere le conseguenze delle cinque leggi fisiche fondamentali – la meccanica quantistica, il secondo principio della termodinamica, la relatività generale, la cosmologia quantistica e il modello standard [delle particelle] – a meno che e finché un esperimento non mostri che queste leggi hanno un ambito di applicabilità limitata». E continuerà a crederci, dice, anche se questo dovesse portare alla sua «morte professionale». Perché, contro l’opinione corrente, queste leggi portano ad affermare che ogni cosa (il nostro universo, e gli innumerevoli altri universi per noi invisibili che fanno del tutto un multiverso) ci riconduce a una «Singolarità cosmologica, che è Dio». Non solo, ma le stesse leggi permetterebbero di rendere conto del complesso della dottrina cristiana come noi nessuno l’abbiamo appresa da bambini, ed abbiamo mantenuto ragionandoci sopra senza che perplessi teologi ci persuadessero della “doppia verità”.
Sia ben chiaro, rendere conto della dottrina cristiana non significa, per me come per Tipler, negarne il carattere miracoloso. Il miracolo, come egli dice giustamente, non comporta violazione delle leggi della natura, cosa assurda, perché metterebbe Dio, creatore della natura con le sue leggi, in contraddizione con se stesso. Il miracolo sta nella improbabilità dell’evento di cui si tratta. Senza escludere che se ne possa rendere conto in base a quelle leggi, la stessa improbabilità è tale da rendere l’evento soprannaturale: come quello, in primis, della nascita da una vergine di un uomo, che muore ammazzato e risorge.
Unica è dunque la verità, naturale e soprannaturale, e di questa verità Tipler è disposto a rendersi testimone, anche come ho accennato pagando di persona, professionalmente. «E così sia.»
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