Recentemente sono incappato in diverse immagini-slogan dove con frasi sostanzialmente simili si afferma che per essere una buona persona non serve Dio. Sebbene questa frase non sia del tutto falsa, nell’ambito ateistico in cui è stata espressa sottintende che per fondare l’etica non c’è bisogno di Dio, e quindi che la fede e la stessa esistenza di Dio sono superflue. Ho incontrato due varianti dello slogan: “la migliore religione è essere una brava persona” e “per essere una brava persona non c’è bisogno di Dio”; le idee veicolate hanno in comune il ritenere che la fede serva solo ad essere una brava persona (poiché se servisse ad altro non potrebbero sottintendere il messaggio dell’inutilità della religione), divergendo sul lasciar intendere che il metro di misura delle religioni sia quanto rendano persone perbene – la prima frase può veicolare questo messaggio, la seconda no.
Oltre alla confusione tra esistenza di Dio e religione (questioni distinte che gli atei spesso appiattiscono l’una sull’altra) viene richiamato un tema proprio dell’ateismo moderno, cioè che l’esistenza di Dio riguardi solo l’etica; vi è in ciò il riflesso di quanto avvenne in concomitanza con la nascita della scienza moderna: l’affermarsi della convinzione materialista secondo cui l’esposizione scientifica di un fenomeno sia l’interezza della spiegazione di una realtà; per cui tutto si spiega esaustivamente riducendolo al comportamento delle componenti materiali, senza alcun bisogno di ricorrere a Dio. Poiché l’etica è meno suscettibile di una spiegazione del genere nacque negli atei la convinzione che l’unico appiglio del credente per sostenere la sua fede fosse l’idea che senza Dio non vi sarebbe alcuna etica, relegando l’importanza della Sua esistenza al solo ambito morale – come farà esplicitamente Kant – riducendolo ad un chiodino su cui appendere l’etica.
Per quanto riguarda l’essere una “brava persona” va notato che i contenuti e le norme che definiscono una persona perbene variano enormemente sia nel tempo che nello spazio. Un gentiluomo del ‘600 non è tenuto a comportarsi o a parlare come un dandy dell’800, né le norme di comportamento europee sono convertibili con quelle cinesi. C’è da dire che gli slogan non sono del tutto falsi perché le norme di comportamento che definiscono una brava persona non fanno esplicito riferimento a Dio o a fondamenti etici essendo più che altro derivazioni culturali e convenzioni sociali; per cui adottare certi costumi non implica mutare la propria visione su Dio e la propria religione. Una qualche verità è presente nello slogan, ma del resto ciò è necessario perché se fosse completamente falso non sortirebbe alcun effetto su chi lo riceve.
La mutabilità della definizione di persona perbene mostra che l’etica non si può ridurre alle norme che definiscono le persone ammodo, ma si tratta di un ambito per più ampio che coinvolge il bene e il male nella loro estensione, e pone la domanda “cosa è il bene? È soggetto a qualcosa di più fondamentale che lo determina o no?” Nel corso dei secoli sono state costitute diverse etiche ateistiche, e il consenso degli atei è mutato in punti fondamentali; mentre gli illuministi erano contrari all’aborto e alla poligamia questi temi sono il caposaldo delle etiche liberal (la seconda nella versione del “poliamore”), l’etica razionale di Kant sosteneva la bontà della pena di morte, Marx riteneva i diritti umani una invenzione borghese e liberale; una minoranza di atei ha poi sostenuto che non esiste differenza tra bene e male (in primis De Sade). Oltre a questa varietà di contenuti morali sono stati proposti svariati fondamenti sui quali basare l’etica: contrattualismo, situazionismo, utilitarismo, etc. Ma il discorso porterebbe troppo lontano.
Uno dei punti di vantaggio delle etiche teiste consiste nella loro sostanziale immutabilità, potendo così essere un punto di riferimento dal quale valutare l’agire umano e sociale. In tal modo bene e male non fanno riferimento a qualcosa di ulteriore ma fondano essi il comportamento, rendendo così di valore morale praticamente ogni azione dell’uomo, per quanto piccola o apparentemente insignificante. Al contrario le varie etiche atee tendono a modificare i propri contenuti normativi nel corso del tempo, mostrandosi più come prodotti culturali che come possibili guide.
Tornando alle frasi di partenza, va sottolineato che in esse è presente l’idea che Dio non serve all’uomo e quindi se ne può fare a meno. Tale prospettiva è però del tutto antropocentrica poiché mette Dio al servizio degli interessi dell’uomo, come se ci fosse qualcosa di ulteriore e più fondamentale a cui lo stesso Dio è sottoposto. Quest’ottica – presente purtroppo anche in diverse religiosità contemporanee – è quella contro la quale si erse l’ateismo ottocentesco che denunciava la ‘falsa coscienza’ del credente; quando il nuovo ateismo fa propria la visione per cui occorre liberarsi di Dio perché non serve, assume implicitamente la stessa prospettiva della falsa coscienza, finendo per costituire un pensiero contro il quale si può usare la stessa critica ottocentesca.
Del resto, la presenza di Dio non riguarda solo l’etica poiché in una corretta visione filosofica Egli è fondamento, principio e creatore di ogni realtà, e nulla di ciò che esiste può essere indipendente da Lui. In quanto fondamento tutto riporta a Lui; in quanto principio ogni cosa reca un riflesso della Sua immagine; in quanto creatore ogni cosa dipende da Lui in ogni aspetto che possiede. Ciò vale non soltanto per ogni realtà ma anche per ogni uomo, perché l’agire umano è ordinato da gerarchie di valori e di principi che permettono di valutare e giudicare la realtà: in questo ambito il posto che spetta a Dio è quello di essere usato come metro di giudizio per l’agire del fedele, il quale è tale non se applica un criterio a Dio, ma se applica Dio come criterio. Il discorso potrebbe continuare e ampliarsi senza fine; quanto detto non esaurisce per nulla l’argomento, e spiega a sufficienza che Dio non è un “tappabuchi” di ciò che ancora non comprendiamo o che non riusciamo a ricondurre a certi principi materialistici, ma è il centro della vita dell’uomo e dell’universo.
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