Ho avuto molto reazioni di segno opposto alla mia esercitazione umoristica. Del resto, l’umorismo non è facile da capire. Siamo più abituati alla battuta sagace o comica oppure alla satira, dove si è portati a dileggiare. L’unica cosa che deride, invece, l’umorismo è la stupidità e lo fa mediante il ragionamento. Ecco il difficile! Ed è difficile soprattutto oggi in cui ognuno è convinto di sapere tutto.
Se si osserva con vivo interesse la capacità esercitata da ognuno di essere consapevole delle proprie scelte, tuttavia lo stato febbrile che circonda e colpisce chiunque può essere un campanello d’allarme. Fino a qualche tempo fa le posizioni insindacabili riguardavano la fede (religiosa e politica) e la cosa spettava soltanto a chi si esponeva in discorsi filosofici o valoriali oppure spirituali, mentre ora ha intaccato anche il campo cosiddetto scientifico. Detto altrimenti: prima si poteva mettere in discussione i contenuti delle sole scienze cosiddette “umanistiche”, adesso si prendono di mira pure quelle “positive”. Tale “malattia” si chiama “tuttologia”, che significa letteralmente “discorso su tutto”. Sì, perché ormai siamo diventati, lo può essere ognuno di noi, dei tuttologi che hanno il diritto di esprimersi su ogni argomento come veri professionisti. Invero, la questione non mi eccita granché, perché se è un sacrosanto diritto poter dire quello che si vuole è anche un sacrosanto dovere replicare davanti a un’idiozia, mostrandone tutta l’imbecillità.
Insomma è un diritto e dovere (non c’è mai l’uno senza l’altro) dissentire davanti alla stupidità. È difficile farlo nel nostro contesto attraverso l’uso di ragione, che sembra svanito. Non che nel nostro tempo si pensi poco, semplicemente si pensa male. Siccome il discorso potrebbe apparire troppo indigesto, mi affido ancora una volta a una storia umoristica, chissà mai il risultato sia più efficace del precedente (che aveva come scopo quello di dire che, anche se considerate belle, le cose quando sono poste fuori dal loro contesto perdono di valore). Ah, dal momento che sono un amante spassionato degli animali, non mi pareva giusto tirare in ballo soltanto la nobile razza dei gatti e così questa volta mi sono servito di un intero gregge di pecore!
Il vecchio Arturo non era vecchissimo, ma sicuramente anziano, anche se oggigiorno, a seguir le statistiche, non si capisce più quando uno lo è per davvero. Il vecchio Arturo viveva in un paesino di montagna composto da quattro anime e da due gatti e la maggior parte del tempo se la passava alla baita curando il suo gregge. Quando si affacciava il tempo brutto, tornava alla frazione dove abitava, ma siccome c’era ormai la moria dei preti, almeno una volta a settimana si recava in paese a valle per sentir Messa. Proprio una domenica era incappato in una sua cara amica che non incontrava da tempo e così decisero di andare a bere un caffè. Il vecchio Arturo, per rompere il ghiaccio, aveva chiesto come se la passasse, ma quella aveva risposto lamentandosi del suo stato di salute.
«Il mio dottore è un cretino e non capisce niente!», aveva infine sentenziato.
«Ma perché non lo cambi?», chiese in modo sommesso l’altro.
«Tanto sono tutti uguali… non ci vuole una scienza per capire cosa fare… ma cosa vuoi, non ne indovinano una…», ribatté l’amica.
«Ah! Vedo che hai studiato anche medicina!», esclamò sorpreso il vecchio Arturo.
«Macché! Non ci vuole mica una laurea per capire certe cose».
Alla risposta, l’anziano pastore rimase colpito e quando l’amica domandò a sua volta come stesse, il vecchio Arturo cercò di spiegare che la vita in montagna era parecchio cambiata negli ultimi tempi. E quella lì si intromise snocciolando il perché e il per come la questione non girasse come doveva.
«Ah! Vedo che hai studiato anche geologia! E sei un’esperta di turismo! E conosci i gusti della gente! E sai come risolvere i problemi!», esclamò sempre più sorpreso il vecchio Arturo.
«Macché! Non ci vuole mica una laurea per capire certe cose».
L’anziano pastore era sempre più ammirato da tanta conoscenza e per dire anche lui qualcosa di sensato sottolineò quanta poca gente si recasse ormai in chiesa, ma quella fu precisa, pure in quel caso, a chiarire tutti i motivi.
«Ah! Vedo che hai studiato anche da prete!», esclamò più che sorpreso il vecchio Arturo.
«Macché! Non ci vuole mica una laurea per capire certe cose».
Dopo altre chiacchiere, stavano per salutarsi, quando il vecchio Arturo fece notare che era lì-lì per piovere e che, pertanto, doveva correre a casa per ritirare il gregge nella stalla.
«Ma lascia che assaporino un po’ di libertà!», gli disse l’amica, ricordandogli che quella non era carne da macello, ma creature libere esattamente come loro e che se la potevano cavare da sole.
«Mica hanno bisogno di noi per vivere bene, anzi!», sentenziò alla fine, mentre incominciava a diluviare. Il vecchio Arturo era più convinto che mai della bontà di quella idea animalista.
E ognuno, aperto l’ombrello, tornò a casa propria contento, meno le pecore ormai fradice che non parteggiavano per niente per la loro ideologia, che pareva fare, quantomeno, acqua da tutte le parti.
Pubblicato il 07 dicembre 2018
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