di Alfredo Incollingo
Secondo gli apocrifi Atti di Pietro, una tradizione ripresa da Eusebio di Cesarea e da san Giustino, Simon Mago giunse a Roma negli stessi anni di san Pietro. Era un eretico gnostico di origini samaritane, come si afferma nelle Omelie di San Clemente, considerato il padre di tutti gli eretici da Ireneo di Lione e famoso per la sua immoralità e per i suoi giochi di magia, che gli procurarono tanti adepti. Aveva turbato la serenità delle prime comunità cristiane e molti fedeli rinnegarono Cristo per seguirlo. I suoi discepoli, ritenendolo un dio, eressero una statua in suo onore: fecero scolpire sul basamento la scritta Semoni Deo Sancto (in italiano, A Simone Dio Santo). Affermava che la sua missione in Terra consisteva nel combattere gli angeli cattivi e nel liberare il mondo dal dominio del Dio malvagio dell'Antico Testamento. Riteneva che in Gesù vi era una sola natura, quella divina, mentre la sua materialità corporea era solo fittizia, in linea con la contrapposizione gnostica tra spirito e materia. Negli Atti degli Apostoli si racconta invece che Simone era un grande mago, venerato come un dio, ma, affascinato dalla predicazione di san Filippo, decise di abbracciare la fede cristiana e divenne un suo fedele seguace. San Pietro e san Giovanni si recarono in Samaria, dove abitava, e lì ebbe modo di conoscerli. Osò offrire del denaro per ottenere il potere di far discendere lo Spirito Santo, ma san Pietro lo ammonì e lo invitò a pentirsi. Secondo la tradizione apocrifa, Simon Mago conservò la gelosia nei suoi confronti. A Roma avvenne l'incontro decisivo tra san Pietro e l'eretico. Quando l'apostolo giunse in città, venne accolto dal presbitero Narcisso, fedele seguace di san Paolo, che gli rivelò dove era nascosto il mago: Simone era protetto dal senatore Marcello, suo accolito e amico.

Il viaggio continua
Pubblicato il 19 novembre 2017
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