di Alfredo Incollingo
L'acronimo è O.S.A. e sta per Obiezione alle Spese Abortive. E' la campagna mediatica che la comunità “Papa Giovanni XXIII” di Don Oreste Benzi promuove da venticinque anni contro l'aborto e i finanziamenti statali ad esso riservati (riproposta anche dall'edizione di maggio della rivista Notizie ProVita).
E' possibile ridurre le risorse economiche versate alle cliniche abortive destinando una parte delle imposte statali ad un'associazione pro – life (come Pro Vita o la stessa comunità di Don Benzi): si tratta di un gesto simbolico per dimostrare il proprio dissenso verso chi nega la sacralità della vita.
La proposta di Don Benzi è una delle tante strade economiche battute per negare l'involontario supporto all'aborto; è anche possibile chiedere un rimborso all'Agenzia delle Entrate entro diciotto mesi dal versamento delle imposte come “risarcimento a favore della vita”.
E' comunque ravvisabile la necessità di una legge che possa garantire il diritto all'obiezione fiscale: solo con una raccolta firme e l'elaborazione di una proposta di legge da presentare al parlamento sarà possibile assicurarsi questo diritto. Lo Stato italiano lo nega categoricamente, ma assicura a chiunque la possibilità del libero aborto, finanziando le cliniche che praticano questo gesto a spregio della vita.
L'aborto è difeso e le cliniche che lo praticano sono sostentante dalle risorse statali. Le riforme a favore della famiglia e della maternità sono praticamente assenti e le situazioni più infelici troppo spesso foriere di scelte sbagliate. “Fare figli” è oggi un lusso per pochi, un fatto privato, come assecondare un desiderio. La comunità e lo Stato ne sono estranei quasi come se la generazione non fosse un aspetto fisiologico della nostra società.
Essendo quindi la maternità una “questione per pochi”, portarla a termine nelle condizioni di disagio è problematico: nella maggior parte dei casi è proprio la povertà che spinge migliaia di donne ad abortire. Sono quindi false le voci che fanno dell'aborto un prodotto esclusivo dell'emancipazione femminile: il più delle volte le contingenze economiche pessime (mai alleviate dallo Stato) portano a decidere di porre termine preventivamente alla gravidanza.
L'aborto è una sconfitta per la nostra società. E' il fallimento di una comunità che non sa assicurare il proprio futuro: nel 2014 sono stati praticati in Italia 97.535 aborti, circa 270 al giorno, una mattanza per un Paese con il più basso tasso di ricambio generazionale. Centinaia di migliaia sono poi le vittime della “pillola del giorno dopo”. Non si contano a quanti bambini è stata negata così la vita.
Il danno non è solo per noi. Le ripercussioni peggiori le hanno le madri che devono sopportare l'aborto: le sindromi che gli aborti determinano sono devastanti psicologicamente e non riguardano solo le madri, ma anche i parenti e gli stessi operatori sanitari.
La comunità “Papa Giovanni XXIII” di Don Benzi dal 1992 affianca i poveri e gli emarginati ma anche e soprattuto le madri, offrendo servizi utili affinché queste possano desistere dalle scelte sbagliate: da venticinque anni a questa parte Don Benzi sostiene la campagna per l'obiezione fiscale all'aborto. Tuttavia la giurisprudenza italiana non riconosce ancora questa forma di disobbedienza civile.
L'articolo 415 c.p. (istigazione alla disobbedienza) definisce questa forma di obiezione come un illecito amministrativo di tipo “tributario”, con conseguenze di natura pecuniaria. La criticità è poi aggravata dagli articoli 53 (Dovere dei cittadini di pagare le tasse) e 81 (Approvazione del Bilancio dello Stato quale funzione del Parlamento) che rendono il disobbediente fiscale responsabile dei suoi atti contro lo stato (ma non contro la Legge Divina). E' necessario quindi elaborare una proposta di legge che faccia da corollario a quella già esistente sull'obiezione di coscienza. In questo modo si potrà incisivamente mostrare la propria opposizione alla legge 194 che legalizza un atto d'omicidio, senza dimenticare che l'obiettivo principale è la cancellazione di questa legge infame.
Pubblicato il 25 maggio 2016
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