Ce l’eravamo dimenticata, come se
un tasso di disoccupazione al 27% e un Paese sull’orlo del baratro fossero solo
un brutto incubo, dal quale ci eravamo finalmente svegliati. Del resto, i media
ne hanno taciuto per un po’: tutto va bene, il governo di unità nazionale fa
miracoli, lo spread cala, il deficit migliora, viva la Troika.
Dicevamo della televisione
pubblica: la decisione del governo Samaras di interrompere le trasmissioni e
licenziare così i 2700 dipendenti della rete di Stato Ert è stata parzialmente
sconfessata dall’Alta Corte greca. La terza gamba della coalizione di
maggioranza, vale a dire il partito della Sinistra Democratica, ne ha approfittato
per dissociarsi dalla decisione e sganciarsi dall’esecutivo, anche se rimane
ancora aperta l’ipotesi di un appoggio esterno.
La maggioranza del governo di
grande coalizione rischia, dunque, di diventare risicata. Si potrebbe quasi
esserne soddisfatti, se non fosse per le motivazioni accampate dal leader del
partito per giustificare la rottura: “si tratta di un problema di legalità
democratica… non siamo d’accordo con azioni che vanno contro la legalità”.
Tutto si riduce, dunque, a una questione di formalismo giuridico: non si ha
neanche il coraggio di rivendicare la natura politica della propria
opposizione.
Carl Schmitt avrebbe osservato e
commentato con grande interesse questa situazione, sia rispetto al completo
svuotamento della parola “legalità”, tale che l’attuale potere legale manca
oramai di qualsiasi sostanziale “legittimità”, sia nei termini della necessità
di riscoprire la peculiarità della dimensione del “politico”, che proprio nei
momenti di crisi dovrebbe avvicinarsi alla sua forma pura e che si fonda sulla
capacità di individuare e contrapporsi al “nemico esistenziale” della comunità.
E’ dunque la politica che manca,
nella Grecia e nell’Europa di questo inizio del XXI secolo. Proliferano le
proteste di piazza senza guida, senza meta, senza strategia. Un ribellismo
primitivo e acefalo che necessita di essere incanalato e irreggimentato per
trasformarsi in energia politica. A questo scopo, sono inservibili sia una
sinistra ormai ausiliaria del potere culturale dominante che il populismo internettiano
e post-moderno in salsa grillina o piratesca. Ma diventano inutili, anzi
nocive, anche certe forme demenziali e regressive di xenofobia ed
etnocentrismo. Questa è la sfida a cui rispondere, queste le praterie da
percorrere e occupare per una destra sovranista e popolare che voglia
candidarsi a dare soluzione ai problemi dell’ora presente.
Ritengo che, tra molti errori e molti lati drammatici della vicenda, si debba riconoscere che molti provvedimenti, dalla dismissione di tanti beni demaniali, alla chiusura della televisione pubblica, alla riduzione del numero di statali in Grecia, si siano poste le basi per una futura crescita economica sostenibile.
RispondiEliminaUno stato leggero è indispensabile presupposto per una crescita reale. Le bestie statali che abbiamo costruito nei paesi mediterranei e latini nulla hanno a che fare con una società a misura di uomo.
Misure draconiane nella direzione dei tagli hanno dato (successivamente ai primi drammatici effetti) ottimi risultati nei paesi baltici, che hanno tagliato prima e più in fretta che nel Mediterraneo.