06 marzo 2013

Uomini e animali: una faccia, una razza?

di Isacco Tacconi


Nel 1970, Richard Ryder, psicologo inglese, inventò un neologismo destinato ad influenzare pesantemente il pensiero di milioni di persone: "specismo". Con questa parola volle designare lo status, secondo lui arbitrario, attribuito dall’essere umano a tutte le creature, allo scopo di creare una gerarchia, al cui vertice fosse appunto l’uomo. Una sorta di “discriminazione” degli animali! Lo stesso filosofo (?) ottocentesco A. Schopenauer, sotto l’influsso delle religioni orientali di matrice panteista (induismo, buddismo, jainismo), affermò categoricamente "Bisogna essere davvero ciechi in tutti i sensi o totalmente cloroformizzati dal foetor iudaicus per non riconoscere che nell’animale e nell’uomo il fondo essenziale e principale è identico. Nell'uomo c’è solo un "maggiore sviluppo cerebrale", una differenza quantitativa".

Nell'attuale cultura dell’animalismo, del veganesimo, e dell’ecologismo, assistiamo ad una divinizzazione del creato e del cosmo: si compie così un balzo culturale e filosofico, che ci catapulta di colpo nell’epoca pre-cristiana. Emanazioni, queste, della religiosità orientale, veicolata in Occidente dall’onnipresente movimento New Age. A questo punto viene da chiedersi: ma è forse vero che la differenza tra l’uomo e l’animale è solo quantitativa? Possibile che l’uomo sia soltanto un animale un po’ più intelligente?

Esaminiamo le caratteristiche di ciascun essere.
La natura razionale dell’uomo lo pone evidentemente su un piano ontologicamente superiore rispetto a quegli esseri i quali, secondo quanto attestato dalle loro facoltà, sono dotati di una vita esclusivamente vegetativa, ossia le piante. Queste rivelano ed esauriscono la loro essenza nell’espletamento di tre movimenti fondamentali, potremmo dire elementari perché un organismo possa essere detto “vivente”, ovvero la nutrizione, la crescita e la riproduzione. Per quanto riguarda invece le forme di vita “animali”, il grado di perfezione rispetto alle piante è maggiore. Gli animali, infatti, oltre alle facoltà propriamente vegetative, sono dotati di sensi, sono detti appunto “senzienti”. Hanno perciò, in una certa misura, una forma di conoscenza che è quella mediata dagli organi di senso, e che in definitiva permette loro di avere un certo grado di autonomia rispetto alla realtà, possono cioè distinguere ciò che gli è più conveniente. Per ciò che concerne la vita umana, invece, essa viene definita “intellettiva”, poiché oltre alle facoltà vegetative e sensitive dimostra di possedere un di più, che le due forme di vita precedentemente descritte non possiedono: l’intelletto. Ciò conferisce all’uomo una finalità diversa rispetto a quella che attiene alla vita vegetativa delle piante o a quella sensitiva degli animali. Per questi infatti, il fine dell’esistenza è inscritto nella propria struttura biologica, che gli pone dei limiti invalicabili ed entro i quali soltanto possono raggiungere la pienezza del proprio essere. Per ciò che concerne l’uomo, è l’intelletto l’elemento fondamentale del proprio essere, e di conseguenza il fine della sua esistenza sarà evidentemente la vita secondo intelletto. Ciò comporta conseguenze sul piano morale, biologico e sociale. La conoscenza intellettiva, infatti, consente all’uomo di conoscere non solo il bene particolare, quello fornito dai sensi, ossia il bene immediato, contingente, ma il bene in assoluto. L’intelletto in definitiva conferisce la capacità di astrazione, di formulare concetti, idee, e conoscere l’universale delle singole realtà (es. il concetto di uomo) a partire dal dato sensibile (questo uomo) e della realtà nella sua interezza. Inoltre l’intelletto, fornendo una reale conoscenza, unito alla volontà costituisce il fondamento della libertà. La libertà rende l’uomo padrone del proprio agire, responsabile delle proprie azioni, ed unitamente alla responsabilità gli conferisce anche una dignità maggiore rispetto alle altre forme di vita. La capacità di autodeterminarsi rende l’uomo costitutivamente più perfetto rispetto alle altre forme di vita.

Per coloro i quali l’uomo è da considerarsi alla stregua di qualsiasi altra forma di vita animale, sarà utile ricordare la dignità specifica, propria ed esclusiva dell’essere umano. Essa è rintracciabile nella sua “personalità”, ossia nel suo essere individuo, cioè indiviso, libero e razionale.Persona est rationalis naturae individua substantia”, così nel V secolo Boezio descrive il concetto di persona, definizione tutt’oggi rimasta insuperata. Laddove la sua dignità dipende dalla sua natura razionale, la sua unicità è maggiormente evidente rispetto alla capacità di godimento del bene. Egli solo ne comprende la natura e ne gode quindi in maniera piena. Lo comprende, ad esso tende e lo desidera per sé e per gli altri. Essendo l’unica creatura a poter fruire pienamente del bene, ne è di conseguenza l’autentica destinataria. Un cane, ad esempio, nonostante il suo padrone cerchi in qualche modo il bene per lui, non sarà mai in grado di comprendere la natura del bene, e quindi di goderne pienamente. “Per poter godere del bene bisogna essere intellettuali. Solo l’essere intellettuale sa che cos’è il bene e può godere di esso” . Inoltre, non essendo autocosciente, l’animale non è capace nemmeno di godere di se stesso, né di rallegrarsi per la propria esistenza; è quindi oggetto di godimento, non soggetto.

In una recente intervista, il giornalista Riccardo Cascioli affermava «Se si cancella Dio dall'orizzonte, allora per l’uomo nei confronti dell’ambiente ci sono soltanto due atteggiamenti, uguali e contrari: da una parte lo sfruttamento selvaggio della natura, dall’altra la divinizzazione di piante e animali».
Il nostro buon vecchio Aquinate, il doctor angelicus, usava dire “Chi non distingue, confonde”. A dire che la soluzione non risiede nell’annullare le differenze, o nel negare qualsiasi forma di barriera naturale evidente, andando quindi contro la natura stessa, e confondendo ogni essere vivente in un amalgama indistinto e informe, bensì nel riconoscere ad ogni essere il ruolo e la dignità ad esso corrispondenti. Solo così si evita di sfociare nel panteismo da una parte, o nell’utilitarismo spietato dall’altra. 
 

7 commenti :

  1. Concordo.
    Aristotelicamente, Differenza specifica: uomo = animale razionale.

    Anche se non giudicherei così duramente Schopenhauer, unico del suo tempo ad aver riportato per un momento la filosofia sulla terra, diversamente dalle stupidaggini hegeliane e nietzschiane...

    MD

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  2. La differenza qualitativa tra l'uomo e gli animali esiste innegabilmente, ma molti aspetti sociali come l'empatia, la compassione la solidarietà verso i deboli e tutto ciò che può far parte di ciò che chiamiamo "bontà" fortunatamente non sono frutto della superiore intelligenza umana, questa serve ad argomentare, a razionalizzare i comportamenti, a controllarne le imperfezioni e le deviazioni, ma gran parte degli studi comportamentali sui primati ci mostrano animali con emozioni troppo simili alle nostre per trascurarlo.
    La barriera esiste e si chiama prima di tutto linguaggio, e di conseguenza possibilità di comunicare concetti complessi e di tramandarli.
    Questo può essere sgradito perchè sottintende che è più "umana" la fredda razionalità che ha portato alle peggiori aberrazioni come comunismo e nazismo, e più "animale" il povero in spirito e l'istintiva solidarietà umana che è il vero collante della società, ma io non ci vedo niente di vergognoso nè di degradante.
    Noi in fondo siamo naturalmente buoni e questo non nel senso del buon selvaggio di Rosseau, ma perchè anche ciò che c'è di buono in noi ha un origine "naturale", fa parte dei nostri istinti.

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  3. Caro pietro, il linguaggio è possibile grazie alla ragione. Non è solo una facoltà corporea, equiparabile ai suoni che emettono le allodole o i cani. Il linguaggio dice capacità di apprendimento, capacità di Astrazione, la quale è caratteristica specifica dell'intelletto/ragione. La ragione come dici te, che porta alle "aberrazioni" è la ragione che non è guidata dalla Verità, la ragione che non è indirizzata verso il bene, ma la ragione che persegue il bene "per se", e non il bene universale. Trovo piuttosto superficiale e quantomai dannoso spaccare in due l'uomo, separando la ragione "cattiva", dai sentimenti "buoni". Ti ricordo che anche l'odio, l'ira, il risentimento, l'invidia, l'avarizia sono sentimenti, ma non mi risulta siano buoni. E che l'uomo NON sia naturalmente buono, te lo dimostrano semplicemente i telegiornali, le cronache ecc...Infatti dice Nostro Signore :"Non quello che entra nell'uomo lo rende impuro, ma quello che esce dal suo cuore".

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  4. Non mi capacito mai come la ragione sia sempre considerata fredda, in confronto dei sentimenti che dovrebbero essere caldi. Eppure è un'esperienza comune il fatto che quando c'è comprensione c'è anche più amore. Se, p.es., una persona amata si comporta in modo strano, la prima cosa che facciamo non è mandarla a quel paese perché ha preso ad odiarci, ma semmai quella di comprendere il suo comportamento e cercare di capire le difficoltà che sta incontrando e questa comprensione si traduce in un maggiore amore.

    Per quanto riguarda la differenza fra l'uomo e l'animale, anche riguardo i sentimenti c'è differenza. Infatti alla base dell'empatia, che ci fa avvicinare ai nostri simili, ha come base neurale i c.d. neuroni specchio che sono presenti in tutti gli animali superiori, ma che nell'uomo hanno una presenza di gran lunga maggiore. L'uomo, dunque, è in grado di rivivere in sé il dolore o la gioia altrui come nessun altro animale; non solo nei confronti dei propri simili, ma anche nei confronti degli animali.

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  5. Premesso che io non stavo parlando di una divisione netta tra razionalità e sentimenti, ma del fatto che moltissimi studi approfonditi del comportamento animale e del comportamento umano hanno osservato una profonda e difficilmente trascurabile base biologica in molte cose che superficialmente vengono considerate frutto della ragione.
    Proprio il linguaggio è un esempio di qualcosa che senza forti basi biologiche e istintive sarebbe assolutamente impossibile.
    Se le osservazioni tra primati come i bonobo mostrano comportamenti come la difesa dei più deboli, dei malati e degli anziani da parte degli animali più forti, di comportamenti dettati evidentemente da una comprensione e una solidarietà reciproca simile a quella umana non ci vedo niente di male.
    Forse il punto è un altro, per chi come me non ha una fede in un entità soprannaturale pensare che la differenza qualitativa tra l'uomo e gli animali sia frutto di una differenza puramente quantitativa non ne sminuisce minimamente la grandezza, per chi crede che solo l'esistenza di un anima soprannaturale possa fare la differenza la cosa è meno accettabile.
    Ma se ci fosse un evidenza oggettiva dell'esistenza dell'anima verrebbe meno la libertà dell'uomo di credere o meno, la fede sarebbe una banale e inevitabile conseguenza della logica.
    Riassumendo la mia idea era che non c'è un bene frutto della ragione e un male frutto degli istinti, ma sia il bene che il male sono un inestricabile combinazione di istinto e ragione, ma nel '900 i danni più grossi li ha fatti la "ragione" con le sue ideologie di destra e di sinistra.

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  6. Ripeto (forse non mi sono spiegato bene) non mi sembra che abbia scritto da qualche parte che gli istinti sono qualcosa di malvagio o di sbagliato, se si ti pregherei di indicarmeli. Non mi sembra neanche che io abbia parlato di anima nè di spirito, ma solo di capacità, di facoltà proprie della natura "intellettuale" che la rendono più "perfetta" per il fatto che è la destinataria autentica del "bene", poichè l'unica a comprenderne l'essenza. Ovviamente questo è solo un breve articolo, non un trattato di antropologia filosofica, però a partire dall'osservazione delle facoltà proprie dell'essere umano si noterà che al di là delle funzioni biologiche e degli istinti che alcuni animali possono avere in comune con l'uomo, sono maggiori e "sostanziali" ciò che rende l'uomo un ente Unico nel panorama del mondo animale. In definitiva le cose in comune tra uomo e animale sono abbastanza semplici da individuare, ma ciò che, a mio avviso, è da approfondire è ciò che ci distingue. Infine che l'uomo sia una commistione di istinto e ragione, di sentimenti e di intelletto, nessuno lo ha messo in dubbio (mi pare), su questo siamo tutti d'accordo. A tal proposito, ti invito a rileggere la parte sulle distinzione delle tre forme di vita (vegetativa, sensitiva e intellettiva) : l'una non esclude l'altra, Anzi la comprende, la assume in sè. Ognuna delle tre però è posta in una scala crescente di perfezione, individuabile grazie alle operazioni proprie di ogni forma di vita. Sull'esistenza dell'anima umana, ovviamente non c'è un'evidenza, diciamo, "scientifica", nel senso di dimostrativa, empirica, ma ci possono essere "forti probabilità". Ma questo è un altro argomento, molto complesso, che non poteva essere trattato in questo breve spazio. Forse (grazie al tuo commento) ne potrei parlare in un articolo futuro. Grazie della stimolante opinione!

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  7. Si ma in questo articolo non ho parlato nè di anima nè di spirito, ne convieni? Ciò che unisce l'uomo e l'animale è abbastanza semplice da individuare. A mio avviso oggetto di riflessione dovrebbe anzi essere : cosa distingue l'uomo dall'animale? quali sono le caratteristiche proprie dell'uomo? è solo una differenza quantitativa nel senso che possiede più materia grigia? e se sommassimo la materia grigia fino a farne un cubo di un metro cubo saremmo super-uomini? eppure ci sono animali che hanno un cervello più grande (quantitativamente) dell'uomo, ma non per questo hanno le stesse facoltà intellettive. E’ sufficiente sommare parti di materia in laboratorio per dare vita ad un essere umano a mo di frankenstein? Inoltre io non ho parlato male degli istinti. Anzi! Essi sono parte integrante dell'uomo, che, come giustamente hai detto tu, è una commistione di ragione e istinto, di intelletto e sentimento. Ma riguardo l'esistenza dell'anima, ovviamente non ci sono prove, diciamo, scientificamente inoppugnabili, empiriche, ma ci possono essere "forti probabilità". Questo però è un altro argomento molto vasto, che non potevo trattare contemporaneamente in questo breve spazio. Però magari, grazie al tuo commento, potrei farne l'oggetto di riflessione di un articolo futuro! Grazie mille della stimolante opinione.

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