La
cosa che più mi sorprende di questa Santa è la sua origine, amerinda: com'è
possibile che Cristo sia giunto (e sia stato accolto) anche lì? A parte l’ingenuità della
domanda, si tratta di uno spunto interessante per un approfondimento teologico
dell’irresistibile attrattiva che caratterizza Gesù Cristo.
La Rivelazione divina trova il Suo compimento perfetto e definitivo nella nascita, passione, morte e Risurrezione di Gesù Cristo: “Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella” (CCC, n. 85). Il mistero del Verbo incarnato permette di leggere e di comprendere a fondo i rapporti fra Dio e il mondo, soprattutto per la mediazione che Cristo vi esercita come inizio nella creazione e come compimento nella riconciliazione salvifica. Gesù Cristo è la Parola incarnata che trova la Sua pienezza noetica (concettuale) ed ermeneutica (di significato), ed esprime l’accondiscendenza di Dio verso l’uomo nel corso della storia. Nella persona del Figlio incarnato Dio si manifesta sottomettendosi alle leggi del mondo e della storia, ma senza perdere la trascendenza che lo contraddistingue: la vita di Cristo infatti concretizza la sapienza e la potenza divine in un avvenimento storico preciso, così da realizzare un universale concretum: la coincidenza di universale ed individuale si ha nel dispiegarsi fisico dell’inconoscibilità ed ineffabilità di Dio, che si incarna in una persona, ma che è anche ragione del tutto, nell'accezione cosmica ed escatologica del termine.
La Rivelazione divina trova il Suo compimento perfetto e definitivo nella nascita, passione, morte e Risurrezione di Gesù Cristo: “Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella” (CCC, n. 85). Il mistero del Verbo incarnato permette di leggere e di comprendere a fondo i rapporti fra Dio e il mondo, soprattutto per la mediazione che Cristo vi esercita come inizio nella creazione e come compimento nella riconciliazione salvifica. Gesù Cristo è la Parola incarnata che trova la Sua pienezza noetica (concettuale) ed ermeneutica (di significato), ed esprime l’accondiscendenza di Dio verso l’uomo nel corso della storia. Nella persona del Figlio incarnato Dio si manifesta sottomettendosi alle leggi del mondo e della storia, ma senza perdere la trascendenza che lo contraddistingue: la vita di Cristo infatti concretizza la sapienza e la potenza divine in un avvenimento storico preciso, così da realizzare un universale concretum: la coincidenza di universale ed individuale si ha nel dispiegarsi fisico dell’inconoscibilità ed ineffabilità di Dio, che si incarna in una persona, ma che è anche ragione del tutto, nell'accezione cosmica ed escatologica del termine.
Una delle conseguenze più interessanti dell’Incarnazione storica di Gesù Cristo è quello della convergenza
fra cristologia e antropologia: la venuta terrena di Cristo e le vicende ad
essa legate rispondono alle domande di senso che l’uomo di ogni epoca e luogo
si è posto e a cui ha cercato di rispondere attraverso la pratica religiosa. La
religiosità si definisce infatti come una costante antropologica
fondamentale, a differenza di ciò che pensano evoluzionisti, positivisti e
funzionalisti: l’approccio fenomenologico allo studio della religione (di cui uno
dei pionieri è il Card. Ries) mostra infatti che esistono
importanti categorie, relative soprattutto al sacro e al mistero, che
rispondono alla esigenze umane di tematizzazione del divino e di consapevolezza
umana della propria contingenza, che si esplicitano sia come divario tra la
dimensione corporale e spirituale dell’uomo, sia come crasi tra il bene che egli
vuole fare ed il male che effettivamente compie. Proseguendo questo ragionamento,
si arriva a constatare che l’uomo non solo è alla ricerca della verità e del senso, ma
invoca una risposta, una salvezza personale, quindi un soggetto capace di
amare. Si capisce quindi come la religione possa considerarsi un’apertura
dell’uomo alla rivelazione, cioè ad un mistero che si presenti e agisca. Se dunque
la credibilità e la valenza della misericordia e del perdono possono essere percepite
facilmente da coloro che sanno di essere peccatori, la credibilità dell’amore,
la forza del messaggio di Chi giunge a donare la propria vita per amore
rappresenta un appello significativo per tutti gli uomini, a motivo della
struttura antropologica dell’essere umano, la cui capacità di dare e ricevere
amore costituisce l’esperienza esistenziale fondamentale, che condiziona la sua
felicità e la sua piena realizzazione: la credibilità di Cristo e di Dio si
inserisce allora nella credibilità dell’esperienza di amore. Una volta accolto
e riconosciutone il valore storico e metastorico, la Resurrezione di Cristo
diventa criterio di interpretazione del cosmo e della storia, fornendo coerenza
e unità (e quindi credibilità) all'intero disegno di Dio, dalla creazione alla Resurrezione.
In
questo modo, ogni uomo può individuare nella storia di Gesù Cristo la propria
storia e partecipare, attraverso le attività ordinarie e straordinarie della
vita (il lavoro, la vita, la morte, l’amore, la sofferenza), al Suo mistero
pasquale, accessibile a tutti grazie anche all’intercessione dello Spirito
Santo e alla mediazione della Chiesa. Nessun uomo può infatti considerarsi
escluso da questa chiamata, in quanto con l’Incarnazione Dio si è unito in
certo modo ad ogni uomo (Gaudium et Spes,
n. 22): se Egli è la Via per andare al Padre, Egli è anche la Via per
raggiungere ogni uomo. Partendo da questa corrispondenza la Chiesa, custode e
testimone della Rivelazione, ha dunque la possibilità e la capacità, oltre al
dovere, di presentare Cristo ad ogni popolo ed ad ogni cultura, guardando ogni
uomo con gli occhi di Cristo (Redemptor Hominis,
n. 18) e, fondandosi sulla Sua persona, conferire ad ogni essere umano la
dignità e la pienezza che gli spetta. Come è successo a questa giovane Santa Pellerossa.
Pubblicato il 22 ottobre 2012
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